di Salvatore Grillo
Mi piace ricordare questo giorno perché è la data dell’inizio di una rivoluzione che venne definita la primavera dei popoli, un sommovimento che cambiò l’Europa allora presidiata da monarchie assolute e dall’impero Austriaco. Ancora una volta furono i siciliani ad aprire una stagione che segnò la storia dei popoli europei dando vita a nuove nazioni libere, a cominciare dall’Italia.
Ho scritto “ancora una volta” perché era già avvenuto nel 1282 con i vespri che rimangono il primo esempio di rivolta popolare capace di cacciare un sovrano e di conquistare, per primi, il diritto
ad avere un parlamento precedendo anche quello inglese. Queste date, il loro significato, sono rimaste e rimangono precluse anche nell’insegnamento scolastico di storia patria, confermando il fallimento culturale delle classi dirigenti siciliane, e non solo, evidentemente occupate in altre faccende, forse nella creazione della peggiore macchina amministrativa del Paese o nella liquidazione dei contenuti valoriali dello Statuto Speciale o nel consentire a questa terra di arrivare agli ultimi posti nelle classifiche degli standard di vita civile.
Nel ricordare questa data non posso non dare a questa memoria i volti dei siciliani che ne furono i protagonisti, a cominciare da Rosolino Pilo e Giuseppe La Masa che organizzarono la rivolta a Palermo con un proclama che così iniziava: “ Siciliani! Il tempo delle preghiere inutilmente passò, inutili le proteste, le suppliche, le pacifiche dimostrazioni…” e da Ruggero Orlando che presiedette il Governo che
venne a formarsi; mi sembra importante anche ricordare che la bandiera che venne adottata fu il tricolore con al centro la Trinacria, facendo una scelta di campo e mettendo così un marchio in quello che diverrà il percorso che darà una patria ed uno stato a tutti gli Italiani.
Che quella rivoluzione dei siciliani non fosse animata da spirito separatista lo dimostra un altro episodio cruciale: non paghi del fatto che dopo l’insurrezione di Palermo del 12 gennaio avevano aderito alla rivoluzione Girgenti il 22 gennaio, Catania Messina e Caltanissetta il 29 gennaio, Trapani il 30 gennaio, Noto il 4 febbraio e a fine febbraio oltre 100 comuni dell’ isola, il Governo siciliano nel giugno 1848 inviò il comandante della flotta siciliana Salvatore Castiglia a portare a Paola in Calabria, imbarcata su due piroscafi, la spedizione del colonnello Ignazio Ribotti. Lo sbarco riuscì eludendo con un abilissimo stratagemma la vigilanza di due fregate borboniche anche se la spedizione non ebbe il successo
sperato.
Infine un particolare ricordo merita la popolazione messinese che, rea di non volersi arrendere, venne colpita con inaudita crudeltà e ferocia da un corpo di spedizione dell’esercito borbonico composto da 16.000 uomini che sbarcò nel settembre del 1848. La città fu sottoposta a pesantissimi bombardamenti da parte dell’artiglieria che incendiò e ridusse in macerie interi quartieri con episodi di crudeltà inaudita sulla popolazione civile. Questa strage fu causa a Ferdinando II del soprannome di “re bomba” e portò alle proteste di Francia, Russia, Stati Uniti d’America e di altri paesi. La riconquista armata della Sicilia costrinse all’esilio numerosi patrioti, alcuni si imbarcarono per Malta, altri per Genova alla volta di Torino, altri ancora si rifugiarono a Londra. Si trattava del vertice della intellighenzia siciliana: negli anni successivi molti di essi (La Masa, La Farina, Crispi , Amari, Cordova, Fardella di Torrearsa, Francesco Paolo Perez)
condivisero la causa risorgimentale e, 11 anni più tardi, furono alla base della preparazione ed attuazione della spedizione dei Mille.
Pres.te Consiglio Nazionale Unità Siciliana e Mezzogiorno Federato