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L’illegalita’ costa alle imprese siciliane 1,2 miliardi di euro all’anno e mette a rischio circa 10mila posti di lavoro

Nona edizione della Giornata di Confcommercio “Legalità, ci piace”,

Anche in Sicilia si celebra la nona edizione della Giornata
di Confcommercio “Legalità, ci piace”, un’iniziativa di analisi, denuncia e
sensibilizzazione sulle conseguenze dei fenomeni criminali per l’economia reale e per
le imprese. I fenomeni illegali – contraffazione, abusivismo, pirateria, estorsioni, usura,
infiltrazioni della criminalità organizzata, furti, rapine, taccheggio, corruzione –
alterano la concorrenza, comportano la perdita di fiducia degli operatori e la
diminuzione degli investimenti. Questi fenomeni impattano pesantemente sul sistema
economico-sociale, fanno chiudere le imprese oneste, fanno perdere posti di lavoro, non
tutelano i consumatori, riducono la sicurezza pubblica e naturalmente alimentano la
criminalità organizzata.
“Il perdurare della pandemia e gli effetti delle restrizioni su imprese ed economia –
commenta il presidente di Confcommercio Sicilia, Gianluca Manenti – hanno
determinato la necessità di concentrare l’attenzione su fenomeni criminali quali l’usura e
sui tentativi di infiltrazione della criminalità nel tessuto economico”. Fin dall’avvio
dell’emergenza sanitaria, il credito ha assunto un ruolo cruciale per assicurare la
necessaria liquidità alle imprese, private delle loro entrate o comunque investite da
shock imponenti sulla loro attività economica. Il bisogno di liquidità e il rischio usura
sono diventati quindi oggetto di approfondimenti mirati. Su questo tema sono state
affidate da Confcommercio a istituti di ricerca qualificati periodiche indagini
campionarie nazionali, rivolte alle imprese rappresentate, e finalizzate a far emergere
quelle situazioni “grigie” che difficilmente vengono esplicitate chiaramente, nonché le
condizioni che determinano l’esposizione al rischio usura, nel quale la liquidità è il
discrimine tra mantenere l’attività delle imprese o chiuderla. Sono infatti le imprese che
non hanno ricevuto pieno soddisfacimento della propria richiesta di credito quelle sulle
quali è stata calcolata, dall’Ufficio Studi, la platea di attività “potenzialmente” esposte a
rischio usura.
Dai dati emerge che, in Sicilia, quasi il 14% delle imprese del terziario di mercato
percepisce un peggioramento dei livelli di sicurezza nel 2021. Come se non bastasse,
l’usura è il fenomeno criminale percepito in maggior aumento dagli imprenditori del
terziario di mercato (per il 27%). Il trend è più marcato in Sicilia dove l’usura è indicata

in aumento dal 31% delle imprese. Il racket è in crescita stando alla percezione
manifestata dal 21% degli imprenditori intervistati. L’11% degli imprenditori ha avuto
notizia diretta di episodi di usura o estorsione nella propria zona di attività. Il 17,7%
degli imprenditori è molto preoccupato per il rischio di esposizione a usura e racket. Un
timore che è più elevato nelle grandi città siciliane. Di fronte all’usura e al racket, il
58,4% degli imprenditori ritiene che si dovrebbe denunciare, il 33,6% dichiara che non
saprebbe cosa fare, il 6,4% pensa di non poter fare nulla. Almeno 3mila imprese del
commercio, della ristorazione e della ricettività, nell’isola, sono oggi ad elevato rischio
usura. Quali le stime di Confcommercio? L’illegalità costa alle imprese siciliane del
commercio e dei pubblici esercizi quasi 1,2 miliardi di euro all’anno e mette a rischio
circa 10mila posti di lavoro. La perdita annua in termini di fatturato e di valore aggiunto
è pari al 6,3%. In dettaglio, nella nostra isola, l’abusivismo commerciale costa 500
milioni di euro, l’abusivismo nella ristorazione pesa per 200 milioni, la contraffazione
per 150 milioni, il taccheggio per 100 milioni. Altre voci incidono per 250 milioni di
euro.

 

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