(ANSA) – CATANIA, 1 DIC – “Non prendete esempio da persone come me che si sono rovinati la vita”, “abbandonate la droga e l’alcool e godetevi la vita lavorando onestamente e con dignità” così “non dovete avere la paura di chi bussa alla vostra porta”.
E’ ‘l’invito’ ai giovani dei rioni a rischio di Catania che arriva dal boss ergastolano Sebastiano ‘Iano’ Lo Giudice, 42 anni, detenuto da quasi 10 anni in regime di 41bis nel carcere di Spoleto per associazione mafiosa, estorsioni, traffico di droga e per diversi omicidi commessi tra il 2001 e il 2009. Lo fa con una lettera inviata al suo legale, l’avvocato Salvatore Leotta, fatta pervenire all’ANSA, al quotidiano La Sicilia e al sito Livesicilia, e che è passata al vaglio delle autorità competenti prima di essere resa nota. Lo Giudice è un esponente di vertice della cosca dei ‘Carateddi’ legata al clan Cappello-Bonaccorsi che negli anni scorsi ha dato vita a una sanguinosa faida mafiosa contro Cosa nostra capeggiata dalla ‘famiglia’ Santapaola-Ercolano. Secondo il suo legale “non ha manifestato intenzione di collaborare con la giustizia, ma vuole evitare che altri giovani commettano i suoi stessi gravissimi errori”.
“Istruitevi, aprite gli occhi e lasciate perdere i falsi miti”, scrive nella missiva Lo Giudice che invita invece a “dare il giusto valore alla vita” perché poi, osserva, “sarà troppo tardi” e “le sofferenze resteranno soltanto a voi e alle vostre famiglie”. “Ho visto tanti bravi ragazzi – aggiunge – perdersi senza capirne la motivazione e sono certo che se potessero tornare indietro non rifarebbero più gli stessi errori”. Quindi, sottolinea, “abbiate la forza di dare una svolta alla vostre vite e non date adito alle millanterie dei quartieri perché prive di fondamento e fine a se stesse”. “Io ho perso la vita, la mia bella gioventù, l’amore dei miei figli e delle persone che mi amano veramente – conclude Lo Giudice – se avrò la possibilità mi godrò i miei nipotini, altrimenti accetterò di morire in carcere come la Giustizia ha deciso, ma vorrei essere curato e scontare la mia pena con la mia dignità, senza avere problemi”.(ANSA).