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Venti donne dell’area Mediterranea si raccontano a Palermo

(ANSA) – PALERMO, 16 NOV – Venti figure di donne che hanno alle spalle una storia di impegno civile e sociale. Dalla Giordania alla Tunisia, dal Marocco all’Algeria, al Libano, all’Egitto, si sono riunite per la prima volta a Palermo, al centro del Mediterraneo, per firmare un documento programmatico e dare vita al network chiamato “Jasmine”, una costola nata dalla rete Mediter e creata nell’ambito del progetto “Amina” finanziato dall’Ue e con il sostegno del Comune di Palermo e della Regione Siciliana.
    Per le venti madrine (18 provenienti dal mondo arabo) della neo rete, ci sarà un altro appuntamento a MediterExpo, la prima edizione di una esposizione delle culture e delle eno-gastronomie dell’area mediterranea, in programma a Palermo dal 4 all’8 marzo.
    La rete Jasmine per il momento avrà la sua sede a Villa Niscemi, nel capoluogo siciliano. Stamattina, al teatro Santa Cecilia, alcune si sono raccontate incrociando le loro voci con quelle di altre donne siciliane dell’imprenditoria e della cultura. In un Medio oriente che, dopo le crisi irachena e siriana, è diventato un enorme campo profughi e dove si continua a morire, queste donne vogliono ricominciare a ricostruire. All’orizzonte si intravede un femminismo differente rispetto al passato che va oltre alle battaglie per il velo e che punta su una maggiore giustizia sociale ed eguaglianza sostanziale. Tra loro ci sono poetesse, scrittrici, giuriste, giornaliste, esperte in management pronte a incoraggiare le nuove generazioni. Farida Allaghi, ex ambasciatrice della Libia presso l’Unione europea, punta sulle nuove generazioni. Attivista da sempre nella difesa dei diritti delle donne e dei bambini del Terzo mondo, auspica che ci sia una Greta anche nel mondo arabo e un nuovo modello che tenga conto delle richieste delle donne a partire però dal basso. Oggi la Allaghi vive a Beirut ma si reca a Bengazi e Tripoli per lavorare con i rifugiati libici.
    “Questa ragazzina svedese – ha affermato Allaghi – è riuscita a fare più di ciò che governi e altre istituzioni hanno fatto in tutti questi anni. Nel mondo arabo – ha proseguito la Allaghi- siamo stanchi di queste migliaia di morti e della povertà. La ricchezza, infatti, è concentrata nelle mani di poche famiglie mentre il resto della popolazione soffre. Questa rete dovrà fare i conti con la realtà senza dimenticare le donne che continuano a morire nel Mediterraneo. Inoltre, dovrà attirare l’attenzione di altre donne influenti del mondo della politica, dello sport, dei media”.
    Rita El Khayat, scrittrice marocchina e voce delle donne arabe attraverso i suoi romanzi. spiega che “c’è ancora molta strada da percorrere affinché ci sia una reale parità. Mi riferisco sicuramente al mondo arabo ma anche all’avanzato occidente dove le donne non hanno lo stesso potere degli uomini.
    In politica, ad esempio, Stati Uniti, Francia e Italia, non hanno mai avuto presidenti donne”.
    Nehad Abol komsan, avvocato, è stata nominata membro del Consiglio consultivo della Banca mondiale. La sua missione è quella esaminare i progressi e rimuovere i vincoli a favore dell’uguaglianza di genere nel mondo arabo e a livello globale.
    Anche per Enaam Suhail Al Barrishi, direttrice generale della Jordan River Foundation e donna di riferimento della casa reale giordana per il no profit e per l’inclusione le donne in generale devono fare i conti con numerose difficoltà. “Un riferimento particolare però – ha ribadito Al Barrishi – rivolgerò alle rifugiate dei campi profughi. Sono donne che sicuramente soffrono più di tutte le altre”. (ANSA).
   

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