Il 90% dei bambini ha sperimentato, almeno una volta nel corso del primo mese e mezzo di lockdown, paura e spavento e il 74% è apparso, almeno una volta, triste e depresso. I preadolescenti (11- 13 anni) hanno sperimentato maggiore labilità emotiva (impulsività, scatti di rabbia) e negatività rispetto ai bambini di 6-10 anni. E’ quanto emerso da una ricerca condotta dall’Università della Valle d’Aosta, della Sapienza di Roma e dell’Università di Chieti-Pescara sul “ruolo dei genitori nel favorire la serenità e la regolazione emotiva dei figli durante il lockdown da Covid-19”.
Avviata nel mese di aprile, l’indagine ha visto la partecipazione di 277 genitori di bambini di età compresa tra i 6 e i 13 anni. I primi risultati evidenziano che nel 59% dei casi il genitore lavora come prima dell’emergenza sanitaria o in smartworking (mentre il 26% ha subito una momentanea sospensione lavorativa e il restante 15% ha perso il lavoro). Inoltre, l’8% di queste famiglie ha avuto familiari o amici affetti da Covid-19 e ben il 68% conosce qualcuno che ha contratto il virus (con una percentuale del 15% che ha avuto almeno un conoscente che è deceduto a causa della pandemia).
“I bambini si sono pertanto trovati immersi in una realtà quantomeno difficile – si legge in una nota – caratterizzata da una profonda ristrutturazione della giornata e delle abitudini, dall’avere genitori che hanno dovuto adattarsi a nuove modalità lavorative e di gestione della famiglia, dal confronto con situazioni di malattia e di morte sia per esperienza diretta sia per esposizione mediatica a tali notizie”.
Al netto del disagio psicologico, vi sono tuttavia alcune caratteristiche dei genitori che possono aiutare i figli a essere più sereni ed emotivamente competenti in questo periodo così particolare: “si tratta, in specifico, della positività, dell’autoefficacia genitoriale ed emotiva e della resilienza”.