(ANSA) – AOSTA, 23 LUG – “Ho gestito il bilancio comunale come fosse un’azienda familiare” riguardo al “rispetto delle scadenze” e al “martellamento sui dipendenti”. Lo ha detto in aula Monica Carcea, ex assessore comunale di Saint-Pierre alla Programmazione, finanze e patrimonio, imputata per concorso esterno in associazione mafiosa nel processo Geenna su una presunta locale di ‘ndrangheta ad Aosta.
Antonio Raso, ha riferito l’ex assessore comunale, “l’ho conosciuto nel suo ristorante, mi è servito per i suoi rapporti con i politici” (“il primo anno avevo le porte sbarrate”), mentre Marco Fabrizio Di Donato “non lo vedevo come una persona pericolosa, era gentile, mia figlia prendeva ripetizioni da sua moglie”, amica della stessa Carcea. Sui rapporti con i due coimputati aveva posto una domanda il giudice Eugenio Gramola, soffermandosi sul “livello culturale superiore” di Carcea e sulle “restrizioni alla libertà personale” a cui era stato sottoposto Marco Di Donato.
Nata a Nova Milanese nel 1974, per qualche anno – ha ricordato la stessa imputata – ha anche vissuto in Calabria e si è poi trasferita in Valle d’Aosta nel 1999, una volta sposata. Per occuparsi della famiglia ha interrotto gli studi alla Cattolica di Milano, poi ripresi all’Università della Valle d’Aosta, dove si è laureata in Economia. “Alessia Favre – ha detto Carcea – mi aveva proposto un praticantato, ma non ho accettato, avrei dovuto candidarmi con loro e con gli impegni familiari non ce l’avrei fatta a occuparmi delle tre cose”. (ANSA).