Nuova lettera aperta scritta dalla contessa Chiara Modica Donà Dalle Rose, esponente di rilievo della classe intellettuale femminile di Venezia, Presidente della Biennale Internazionale di Arte Sacra, componente del Cda dell’Università d’Architettura di Venezia.
Ecco la lettera:
“Dopo lunghe ed interminabili sorde 48 ore, in cui abbiamo ascoltato pazienti le opinioni, le critiche, i consigli e perfino visto i sorrisi divertiti dei selfie dei turisti (e non solo) davanti allo scenario di una devastazione incontrollata ed a tratti irreversibile, ancora nessuna proprio nessuno ha proposto di donare a Venezia ed ai suoi cittadini tutti (senza lode ed onori, senza titoli o presunti titoli) a questi numerosi guardiani del faro, un aiuto per la ricostruzione, il restauro, la ricerca concreta e tecnologica al problema del cataclisma innaturale dell’immersione di questo antico, preziosissimo e delicatissimo monumento dell’umanità di 830 ettari di terreno, la più grande opera di master painting della storia le tableau vivent Venezia e dei suoi 1100 anni di Storia della Repubblica Serenissima di Venezia.
INNATURALE, si non è una svista è del tutto innaturale che l laguna di Venezia si trasformi in mare aperto e questo è il frutto di attività poste in essere in questi utlimi cinquant’anni dal canale dei petroli al passaggio delle grandi navi nel bacino di san Marco. Non è il lento fisiologico invecchiare di una città, che sia chiaro a tutti.
E poi OGGI sono veramente esterrefatta più di ieri se penso che la bellissima Chiesa di Notre Dame di Parigi, il 16 aprile 2019, in poche ore ha provocato una valanga di dichiarazioni filantropiche e mecenatiche da ogni parte del globo, a prescindere che siano poi stati versati o siano rimaste mere lettere morte, ed invece per Venezia neppur una banconota, neppure falsa o moneta di cioccolato o una mera dichiarazione d’intenti, il nulla: un silenzio assordante.
L’unico, preziosissimo, vero ed autentico aiuto oltre che dalle Forze dell’Ordine, dai giovani volontari provenienti da Mestre, da Mirano, da Mogliano , da Padova, da Treviso e dai giovani di Venezia, dal collegio militare della marina Morosini ad altri istituti che hanno aiutato senza sosta, dopo avere cercato di riparare le loro scuole e strutture, le altre scuole, gli ospedali, le case di cure, i commercianti, le persone anziane .
Eppure Venezia è grande, è antica, è tutta antica, e soprattutto è larga – da nord a sud- 3240 metri, è lunga, da est a ovest, 4630 metri. Ha una superfice di 830 ettari e un perimetro di 11.575 m. La sua laguna e’ lunga 50 km.e larga 10 km. Le isolette che formano la città sono 116 di cui 24 a Castello, 13 a S.Marco , 7 a S.Polo, 13 a S. Croce ,32 a Cannaregio ,17 a Dorsoduro e 10 alla Giudecca. I ponti sono 438 di cui 337 pubblici , 72 privati , 7 interni , 300 in pietra ,59 in ferro e 49 in legno. I rii sono 176, 170 i campanili, 2000 i pozzi e 148 le chiese!
Tutto questo patrimonio dell’umanità, Venezia, di cui sovente si dimentica l’umanità che vi dimora, è tenuto in piedi da chi ogni giorno la vive, la preserva, la fa respirare, arieggiare, gli porta quella linfa vitale che la rende viva e la fa sopravvivere al tentativo di trasformarla in un parco dei divertimenti da quattro soldi.
L’umanità di cui parlo, non è quella che calpesta Venezia, quella che si fa i selfie, quella che sfreccia a 3000 giri sulla laguna, ma quella che la nutre come si nutre un pavimento alla veneziana e la forcola delle barche a remi con l’olio di lino, le travi e i barbacani con strati e strati di pregnante, i muri con il coccio pesto, come si nutre un bambino fermo nel suo seggiolone.
Questa umanità per il mondo intero non conta nulla.
Ma cosa è rimasto di quella bellissima Repubblica, di quel modello di amministrazione sapiente dello stato di quella città della luce apostrofata, secoli dopo, come la New York del ‘500?
Tutto il nostro impegno, come formiche in un formicaio, è oggi ridotto ai minimi termini, come una sorta di atto secondo di una commedia goldoniana che si gioca ormai da troppo tempo.
C’è chi parla di 53 anni di atti preparatori al “mose”.
Ma quello che mi ha impressionato è che dopo tutte queste ore nessuna grande miliardaria società o multinazionale, fondazione o altra realtà megagalattica che vediamo sfrecciare per i canali di Venezia con paillette e tacchi a spillo , durante la mostra del cinema a Settembre o le biennali di arte e di architettura, a maggio, nella settimana delle vernici, nei red carpet da cui i veneziani sono sempre tenuti ai margini dai bodyguard di turno, non abbiano saputo o solo pensato di proporre di offrire un centesimo alla città di Venezia per la sua salvaguardia.
Il silenzio quasi monolitico, un silenzio totale che ci fa capire quanto in fondo è finita la memoria e conoscenza di questa storica realtà che per 1100 anni è stata creata e amministrata dalla meravigliosa Repubblica Veneziana che, se indagata e raccontata, potrebbe oggi fare arrossire qualsiasi forma di governo presente nel mondo per perfezione, distribuzione dei ruoli, meritocrazia, senso del dovere, del bene comune e onore si proprio di onore alla vita, alla bellezza, onore al rispetto del bene e del tempo altrui.
Ma oggi mi rendo conto che mi sbagliavo, la struttura amministrativa Veneta era ed è, ancora oggi ,un modello da imitare. Le linee guida storiche che portarono al formarsi della Pubblica Amministrazione Veneziana, prima di quelle morali dovrebbero essere oggi insegnate a tutti coloro che credono di poter amministrare la res pubblica, poco importa che siano di sinistra, di centro o di destra, mancini o ambidestri, bianchi, giallo, neri o rossi.
Dall’altra parte l’intelligenza culturale, gli intellettuali, unitamente altrettanta intelligenza commerciale andava a sostituirsi alla forza militare che veniva rappresentata dalla grande flotta navale che arsenale di Venezia era capace di produrre.
San Marco, simbolo dell’evangelizzazione cristiana, si nutrì della Scuola Platonica nel neo platonismo cristianico ai tempi di Giovanni Pico della Mirandola, Aldo Manuzio, Girolamo Donà dalle Rose, Angelo Poliziano e Ermolao Barbaro e tanti altri.
In tanti mi chiedono di scendere in campo, di chiamare altri, ormai sfiduciati come me di questo, lasciatemelo, dire “scalcinato andazzo “ , e ovunque giri e rigiri i fatti ed analizzi l’accaduto non riesco a trovare risposta e soluzione che guardando indietro, nella storia passata dal ‘700 in giù s’intende.