di Enrico Marcoz (ANSA) – AOSTA, 27 OTT – “L’ie eunna beurta baga”. Per
Lucien, allevatore che vive sulla collina di Aosta, il Covid “è
proprio una brutta cosa” e ci tiene a dirlo in dialetto. I suoi
vicini di casa sono tutti positivi al coronavirus dopo una
domenica di festa a fine settembre, i più anziani sono finiti in
ospedale. Lui si è ‘salvato’ perchè quel giorno era impegnato a
portare le mucche a valle.
E’ una delle decine di storie che si possono raccogliere in
questi giorni in Valle d’Aosta, la regione dove il virus si sta
diffondendo con maggiore velocità rispetto al resto del Paese. I
numeri non lasciano spazio a dubbi, la piccola regione alpina
vanta tutti i peggiori primati: la maggior incidenza di
contagiati rispetto alla popolazione (575,3 su 100.000
abitanti), il rapporto tra i casi positivi e le persone testate
negli ultimi sette giorni (50,14%), il numero dei ricoveri (59,7
su 100.000 abitanti) e il numero dei decessi in sette giorni
(6,3 su 100.000 abitanti).
Le motivazioni della veloce e vigorosa diffusione del contagio?
Prova a spiegarle Luca Montagnani, coordinatore sanitario
dell’unità di crisi sull’emergenza Covid in Valle d’Aosta: “La
vita del valdostano è molto comunitaria, soprattutto nei paesi.
La gente condivide gli stessi luoghi, dal bar al negozio di
alimentari, si incontra spesso. Tutti hanno una tavernetta dove
si ritrovano con gli amici. In città è diverso”. Poi aggiunge: “Il contagio è partito quando sono state riaperte le scuole. Tre
settimane dopo la prima campanella c’è stato il boom dei casi
positivi, che non si ferma ancora adesso. Il contagio è partito
dai ragazzi, che non si sono infettati in classe ma in altre
occasioni come sul bus, durante le feste o la movida, mentre
facevano sport. E il virus così è entrato nelle famiglie”. In
media valle si ritiene che uno dei principali focolai sia stata
la festa dei ‘Coscritti’, ovvero i neo diciottenni, che si è
svolta a fine settembre tra Verrayes, Chambave e Saint-Denis.
Sull’elevato numero di contagi “pesa la vicinanza con la Francia
e con la Svizzera – osserva Silvia Magnani, specialista in
malattie infettive all’ospedale Parini di Aosta – e poi tante
persone che sono assistite in residenze per anziani dove c’è un
alto numero di persone ricoverate. La vita di comunità tipica
dei paesi alpini favorisce la diffusione delle infezioni”.
“Infine va detto – conclude – che, a fronte di poche persone che
sono sul campo e lavorano con uno sforzo immane, si fanno
tantissimi tamponi e più tamponi fai più trovi casi positivi,
soprattutto tra gli asintomatici”. (ANSA).
Fonte Ansa.it