Se ancora non c’è una cura, però è possibile rallentare il processo della malattia, per questo “Airalzh Grants for Young Researchers” punta sui giovani e sull’individuazione precoce del morbo di Alzheimer con sette nuovi progetti
Federica Rossin, Flavie Strappazzon, Maria Giulia Bacalini, Roberta Cascella, Paraskevi Krashia, Alberto Benussi, Silvia Paciotti. Sono loro i 7 ricercatori che si sono aggiudicati il bando di Airalzh “AGYR 2020” (Airalzh Grants for Young Researchers), con ambiziosi progetti che puntano allo studio delle fasi precoci dello sviluppo del morbo di Alzheimer. I sintomi di questa patologia che coinvolge oltre 600.000 malati in Italia, compaiono quando il quadro istopatologico è già compromesso e i trial clinici hanno dimostrato che i farmaci possono ottenere ben pochi risultati quando la malattia è già in fase conclamata. Proprio per questa ragione, l’obiettivo dei Grants promossi da Airalzh Onlus è quello di cercare di rallentare il morbo di Alzheimer, diagnosticando in anticipo la malattia: più lo si individua anticipatamente, più i trattamenti – farmaceutici e non – funzionano.
Airalzh crede fortemente nell’importanza della ricerca e la sostiene da sempre attraverso fondi destinati a giovani ricercatori, con l’obiettivo di offrire loro una possibilità di sviluppare e potenziare carriere indipendenti. “Con questo bando, pubblicato il 4 maggio scorso, l’Associazione intende finanziare progetti con un investimento pari a 300mila Euro – dichiara la Prof. Alessandra Mocali, Presidente di Airalzh – coinvolgendo giovani ricercatori under 40 e contribuendo così anche a dare un segnale di ripartenza al Paese”.
I 7 vincitori, che hanno presentato un progetto originale redatto in lingua inglese, provengono da 5 Università italiane di prestigio (“Tor Vergata” di Roma, Università degli Studi di Firenze, “Campus Bio-Medico” di Roma, Università degli Studi di Brescia e di Perugia) e da 2 Centri di eccellenza (“IRCCS Santa Lucia Foundation” di Roma e “IRCCS Istituto Scienze Neurologiche” di Bologna). I loro progetti si sono focalizzati sulle fasi precoci della malattia consapevoli che quanto più si riesce a diagnosticare quando la patologia è silente, più possibilità ci sono che le cure portino a rallentare e contenere il morbo di Alzheimer.
Nelle selezioni del bando pubblicato da Airalzh sono stati impegnati i membri del Comitato Tecnico Scientifico (CTS) oltre ad altri revisori esterni italiani e stranieri (due referee esterni per ogni progetto selezionato nella prima fase della valutazione). “Dalle 71 richieste pervenute, diventate 23 dopo una prima selezione – racconta il Prof. Fabrizio Chiti, Coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico – sono emersi i 7 progetti di ricerca che hanno ricevuto il punteggio più alto dai referee esterni, tutti appartenenti all’area di ricerca ‘Fasi precoci di malattia: individuazione di marcatori diagnostici, possibili target farmacologici e di nuovi approcci tecnologici’”.
Ogni progetto sarà finanziato con un importo massimo tra i 40 e i 45mila Euro, che dovrà essere utilizzato, nel periodo massimo di 2 anni dallo stanziamento, per l’acquisto di materiale di consumo, piccola strumentazione o reclutamento di personale a tempo determinato.
Alcuni progetti partono da ricerche già avviate e dimostrate per proseguire lo studio. Per esempio, il team di ricerca della Dottoressa Federica Rossin – che attualmente lavora presso il Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” – ha dimostrato che la proteina transglutaminasi 2 (TG2), un enzima multifunzionale che svolge un ruolo chiave nei mitocondri, si localizza nelle membrane del reticolo endoplasmatico associate ai mitocondri (MAM) e la sua assenza riduce le funzionalità di questo compartimento. Inoltre, è emersa una correlazione tra la TG2 e l’Alzheimer in quanto i livelli e l’attività della proteina sono elevati nella corteccia del cervello dei pazienti. Lo scopo del suo progetto finanziato da AIRALZH è quello di capire se la TG2 possa contribuire alla patogenesi dell’Alzheimer attraverso la regolazione delle MAM. Questo studio, quindi, potrebbe fornire le basi per una strategia terapeutica che inibisca la TG2 allo scopo di prevenire e trattare il morbo di Alzheimer.
La dottoressa Federica Rossin ha svolto ricerca anche su progetti sostenuti dalla “Fondazione Umberto Veronesi” e “Fondazione Italiana per la Ricerca sul Cancro” ed è stata relatore nelle ultime Gordon Reasearch Conference sulla “TG2” nel 2016 e 2018.
Il progetto della Dottoressa Flavie Strappazzon verte sulla proteina NDP52. Quest’ultima svolge un ruolo protettivo nella patogenesi della malattia di Alzheimer direttamente legando la proteina tau e facilitando la sua degradazione tramite un processo chiamato autofagia. Il gruppo di lavoro della Dottoressa Strappazzon – avviato all’interno di un laboratorio presso l’IRCCS Santa Lucia Foundation di Roma – ha recentemente individuato una variante della proteina NDP52 (la NDP52GE) che, si ipotizza, possa essere in grado di mitigare il morbo di Alzheimer eliminando in maniera più efficiente la proteina tau rispetto alla forma “comune” di NDP52 nei neuroni dei pazienti malati e proteggerle dalla degenerazione. Sarà proprio questo l’obiettivo del progetto sostenuto da Airalzh. Laureata in Biologia cellulare presso l’Università di Grenoble (Francia) dove ha conseguito anche il titolo di Dottorato di Ricerca, la Dottoressa Strappazzon lavora presso IRCCS Santa Lucia di Roma dal 2007.
La Dottoressa Maria Giulia Bacalini – che svilupperà il suo progetto presso l’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna – intende sviluppare un test per la diagnosi precoce della malattia di Alzheimer coinvolgendo un gruppo di ricerca multidisciplinare composto da biologi, neurologi, neuroradiologi e psicologi. Il lavoro si propone di reclutare persone con sintomi conclamati di malattia, altre con condizioni di rischio per lo sviluppo della stessa e, infine, pazienti “di controllo”. Verranno impiegate tecniche avanzate di risonanza magnetica e quantificati nel sangue i livelli di molecole di DNA di origine cerebrale rilasciate in seguito a morte cellulare. La combinazione di questi due tipi di analisi costituisce un approccio innovativo definito “radiogenomico” che permetterà di identificare i primi segni di neurodegenerazione associati alla malattia di AD. La Dottoressa Bacalini, laureata in Biotecnologie Molecolari presso l’Università di Bologna, con Dottorato in Biologia Umana e Genetica presso l’Università La Sapienza di Roma, è attualmente responsabile del Laboratorio di Brain Aging presso IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna, in qualità di Ricercatore Sanitario.
Anche il progetto della Dottoressa Roberta Cascella – Ricercatrice in Biochimica presso l’Università degli Studi di Firenze – punta a sviluppare un nuovo test immunodiagnostico per la diagnosi precoce oltre a generare opportunità per la terapia attraverso il rilevamento e la quantificazione accurata degli oligomeri tossici della proteina β-amiloide (Aβ) – che contribuisce alla disfunzione e alla morte neuronale – nel liquido cerebrospinale (CSF). Il primo obiettivo dello studio della Dottoressa Cascella finanziato da Airalzh sarà quello di identificare in vitro l’anticorpo a singolo dominio (sdAb) con la migliore capacità di legame agli oligomeri di Aβ, mediante tecniche immunologiche e di microscopia ad alta risoluzione. Successivamente sarà selezionata in vivo la capacità dei sdAbs di rilevare le diverse specie di Aβ in neuroni derivati da cellule staminali pluripotenti di pazienti. Infine, l’obiettivo finale sarà quello di rilevare gli aggregati di Aβ nel CSF dei pazienti correlando le loro strutture chimiche ai diversi quadri clinici. La Dottoressa Cascella ha conseguito la Laurea in Biotecnologie Mediche e il Dottorato di Ricerca in Biochimica e Biologia applicata presso l’Università degli Studi di Firenze e si è specializzata in Biochimica Clinica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Ad oggi ha più di 40 pubblicazioni internazionali ed ha partecipato come oratore a molteplici congressi nazionali e internazionali.
La Dottoressa Paraskevi Krashia – Università “Campus Bio-Medico” di Roma – propone uno studio preclinico per valutare la stimolazione transcranica non invasiva (tACS), con una frequenza di 40Hz, nel trattamento di deficit comportamentali e sinaptici caratteristici del deterioramento cognitivo lieve (MCI, fase prodromica di malattia di Alzheimer, AD) e nella fase inziale di AD. In particolare, la stimolazione con tACS a questa frequenza (40Hz) è strumentale al recupero delle funzioni neuronali inibitorie poco funzionali in AD, la cui conseguenza è l’ipereccitabilità cerebrale e crisi epilettiche, ritenute un’ulteriore causa di neurodegenerazione nel corso di malattia. Il trattamento elettroceutico, qui proposto, può rivelarsi una terapia non-invasiva e non-farmacologica funzionale a rallentare la progressione della malattia. Dopo un Master in Neuroscienze e un Dottorato in Farmacologia presso l’University College di Londra, la Dottoressa Krashia ha studiato i recettori AMPA nei laboratori del Prof Cull-Candy (Londra) e del Dr. Greger (Cambridge). Attualmente fa parte del laboratorio di Prof. D’Amelio che si occupa dello studio degli stadi precoci della malattia di Alzheimer.
Anche il Dottor Alberto Benussi, ha presentato un progetto per sviluppare – presso la Clinica Neurologica degli Spedali Civili di Brescia – un metodo unico non invasivo ed economico per identificare precocemente l’Alzheimer mediate la stimolazione magnetica transcranica (TMS) e – contemporaneamente – utilizzare la stimolazione transcranica a corrente alternata (tACS), una tecnica non invasiva che potrebbe rivelarsi come una nuova frontiera di trattamento, con lo scopo di risincronizzare i ritmi cerebrali e modulare senza effetti collaterali diverse funzioni cognitive, come la memoria. Grazie a queste nuove tecnologie, la speranza è quella di poter intervenire tempestivamente identificando precocemente la malattia di Alzheimer e trattando con successo i sintomi anche dalle fasi più precoci di malattia. Laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Trieste con Specializzazione in Neurologia presso l’Università degli Studi di Brescia, svolge attualmente incarico di Neurologo clinico presso ASST Spedali Civili di Brescia ed è docente presso la Scuola di Specializzazione in Neurologia e presso l’Università degli Studi di Brescia.
La Dottoressa Silvia Paciotti, impegnata presso il Laboratorio di Neurochimica Clinica dell’Università degli Studi di Perugia, si prefigge, con il progetto PRIME di sviluppare e validare 5 nuovi possibili biomarcatori liquorali per la malattia di Alzheimer. Si tratta di molecole coinvolte nel metabolismo energetico, nella trasmissione sinaptica e nella regolazione della risposta immunitaria, tutti processi che risultano alterati nella malattia di Alzheimer e che quindi potrebbero fornire nuovi target molecolari per la comprensione dei meccanismi patogenetici alla base della malattia. Lo scopo finale del progetto è la costruzione di un pannello di nuovi marcatori per la malattia di Alzheimer da affiancare a quelli già utilizzati in diagnostica, ma che descrivano meglio i deficit nei metabolismi energetici, sinaptici e immunitari nelle diverse fasi della malattia. La Dottoressa Paciotti è laureata in Biotecnologie Farmaceutiche presso l’Università di Perugia dove ha conseguito anche il Dottorato in Biologia e Biotecnologia Molecolare.