Di memoria si parla molto. Gli scienziati ne lamentano i deficit e si dedicano allo studio della «macchina dei ricordi» per capire in quale punto possa incepparsi. Ma, se la quota di chi perde la memoria è prevalente, occorre tenere conto di chi ha un «magazzino» che non conosce rivali: per quantità e qualità delle informazioni stoccate. È il caso degli «ipermemori».
Sono individui capaci di ricordare anche i più piccoli dettagli di ogni giorno della loro vita. In modo ossessivo e totale. A che cosa è dovuta questa dote eccezionale? A una capacità quasi svizzera di archiviare i ricordi, grazie alla quale si mantiene nitida anche la memoria degli eventi più superflui e remoti. È stato un gruppo di ricercatori italiani (Fondazione Santa Lucia, Istituto Superiore di Sanità, Università La Sapienza di Roma e Università di Perugia) a fare luce sulle peculiarità del cervello di questi individui in uno studio sulla rivista «Cortex».
E’ stato chiesto a otto individui dotati di una memoria fuori dal comune di ricordare un evento verificatosi almeno 20 anni prima. Mentre le «cavie» lavoravano per riportare alla luce accadimenti ormai datati, la loro attività neuronale è stata rilevata in tempo reale attraverso la risonanza magnetica funzionale: è una tecnica non invasiva che osserva il cervello in azione e ne identifica le aree più attive.
Al gruppo di «ipermemori» è stato quindi affiancato un altro gruppo, composto da 21 persone normodate, vale a dire senza particolari abilità né deficit della memoria. Dal confronto è emerso che la capacità di discriminare tra ricordi autobiografici vecchi e nuovi risiede nella specializzazione di un’area della corteccia prefrontale: è la porzione ventro-mediale, deputata all’organizzazione delle funzioni cognitive superiori. Questa regione, la cui attività è considerata eccezionale negli «ipermemori», risulta invece più vulnerabile nelle maggior parte di noi, dotati di una capacità limitata di immagazzinare nomi e luoghi. Un effetto del «cortocircuito» informativo che si crea con il tempo nel cervello della quasi totalità degli esseri umani.
Gli individui dotati di ipermemoria autobiografica – questo è un dato che era emerso in una precedente ricerca – ricordano con incredibile accuratezza giornate apparentemente normali. Oltre a «custodire» il giorno della settimana di una data lontana nel tempo («il 3 agosto del 2011 era un martedì», è la risposta di uno di loro), sono in grado di dire, per esempio, come fossero vestiti o cosa avessero mangiato. Il tutto senza esitazioni.
«Le differenze funzionali rispetto alle altre persone riguardano soprattutto la fase di accesso al ricordo e non quella relativa alla sua elaborazione», raccontano i ricercatori. Un aspetto che dimostra un’eccezionale capacità nell’accedere alla «camera» dei ricordi e nello scovare tracce di memoria non rilevabili da altri. Da qui la maggiore capacità di riportare alla luce dettagli del passato.
Gli studi sull’ipermemoria autobiografica toccano anche la possibilità di aprire nuove frontiere. «Comprendendo i sistemi neurobiologici, si otterranno importanti indicazioni su come stimolare il cervello e ripristinare un funzionamento adeguato dei ricordi: in chi soffre di un deficit o è stato colpito da una lesione neurologica». —