Se c’è una cosa che i medici hanno imparato dalla pandemia è che hanno ancora tanto da imparare: da come proteggere sé stessi dal virus a come gestire le visite in ambulatorio, dall’identificare i sintomi del Covid-19 all’affrontare le nuove paure.
La pandemia ci ha insegnato che una maggiore formazione potrebbe fare la differenza e avrebbe potuta farla mesi fa. «I medici e gli operatori sanitari erano poco preparati a gestire una situazione di questa portata», conferma Massimo Andreoni, direttore del reparto malattie infettive del Policlinico Tor Vergata di Roma. «Non c’è da stupirsi: sono pochissimi gli ospedali che hanno un reparto di malattie infettive».
L’emergenza è stata anche un’opportunità per sperimentare nuove modalità di apprendimento, come quelle offerte dalla formazione digitale. Nulla a che vedere con le noiose lezioni della stragrande maggioranza dei corsi di aggiornamento. «Il metodo scientifico e la diffusione della conoscenza sono le armi contro un’emergenza sanitaria», conferma Massimo Tortorella, presidente Consulcesi, e ideatore di un nuovo modello di formazione dei professionisti della Sanità. «Abbiamo creato un percorso sul Covid-19: una collana di corsi Ecm, un ebook e un docufilm in grado di offrire un’esperienza coinvolgente», aggiunge. Il modello è tutt’altro che scontato. «Game based learning» e interattività sono gli strumenti per dare la possibilità di sperimentare il «learning by doing» e di immergersi in un’esperienza potenzialmente reale. «Invece di leggere una slide con contenuti nozionististici, il modello si basa sull’apprendimento legato all’esperienza». L’interazione con un paziente virtuale è un altro elemento chiave. «Il professionista affronta diversi snodi decisionali e ogni opzione si accompagna ad una spiegazione».
Punta di diamante è il docufilm «Covid-19 – il virus della paura», un connubio cinema&scienza. In 80 minuti ripercorre i momenti della pandemia con le sue peculiarità e i risvolti psicosociali, mentre l’omonimo ebook (edito da Paesi Edizioni), scritto dal virologo Andreoni e dallo psicoterapeuta Giorgio Nardone, è stato pensato come «vaccino» contro le fake news.