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Covid: Iss, basso livello vitamina D può aggravare prognosi

(ANSA) – ROMA, 22 MAR – La carenza di Vitamina D (VitD)
sembrerebbe associata a stadi clinici di COVID-19 più
compromessi. E’ quanto emerge da uno studio retrospettivo su 52
pazienti, che ha visto la collaborazione dell’ISS, dell’Ospedale
Sant’Andrea di Roma e di altre istituzioni, pubblicato sulla
rivista Respiratory Research.
    “Nella nostra indagine abbiamo correlato, per la prima volta,
i livelli plasmatici di VitD a quelli di diversi marcatori (di
infiammazione, danno cellulare, coagulazione) e ai risultati
radiologici tramite TAC durante il ricovero per COVID-19 –
spiega Francesco Facchiano, ricercatore ISS, coautore dello
studio – e abbiamo osservato che i pazienti con bassi livelli
plasmatici di VitD, indipendentemente dall’età, mostravano una
significativa compromissione di tali valori, vale a dire
risposte infiammatorie alterate e un maggiore coinvolgimento
polmonare”. Per lo studio sono stati arruolati 52 pazienti
affetti da COVID-19 con coinvolgimento polmonare (27 femmine e
25 maschi, l’età mediana era di 68,4 anni). I livelli di
vitamina D erano carenti (con livelli plasmatici di VitD molto
bassi, sotto 10 ng/ml) nell’80% dei pazienti, insufficienti nel
6,5% e normali nel 13,5%. Recenti osservazioni hanno dimostrato
che la VitD non è un semplice micronutriente coinvolto nel
metabolismo del calcio e nella salute delle ossa, ma svolge
anche un ruolo importante come un ormone pluripotente in diversi
meccanismi immunologici. È noto che i suoi recettori sono
ampiamente distribuiti in tutto l’organismo e in particolare
nell’epitelio alveolare polmonare e nel sistema immunitario. “Anche se gli effetti in vivo della VitD non sono completamente
compresi – si legge nello studio – una serie di osservazioni
sottolineano il ruolo della VitD nello sviluppo delle malattie
polmonari. La sua insufficienza è stata collegata alle infezioni
virali del tratto respiratorio inferiore e all’esacerbazione
delle malattie polmonari ostruttive croniche e dell’asma.
    Inoltre, i soggetti con bassi livelli di VitD al momento del
test COVID-19 erano a più alto rischio di essere positivi al
COVID-19 rispetto ai soggetti con sufficiente stato di VitD”.
    Tuttavia, gli studiosi sono cauti. “L’effetto della carenza di
VitD nella progressione del COVID-19 o nella gravità della
malattia è ancora da valutare. I nostri dati sottolineano una
relazione tra i livelli plasmatici di VitD e diversi marcatori
di malattia. Al momento è difficile sostenere se l’integrazione
di VitD possa svolgere un ruolo nel combattere la gravità della
malattia e ridurre la sua mortalità, ma può essere una
raccomandazione utile e sicura per quasi tutti i pazienti”.
    (ANSA).
   

Fonte Ansa.it

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