(ANSA) – TRIESTE, 26 LUG – Il SARS-CoV-2 può comportare
problemi a livello cardiaco e si stima che oltre il 40% dei
pazienti ricoverati presentino indicatori di danno cardiaco. Non
è il virus in sé a causarli ma un ruolo chiave nel danno
cardiaco durante l’infezione da coronavirus sono le precedenti
comorbidità (preesistente cardiopatia), la gravità della
polmonite e della compromessa ossigenazione e l’infiammazione
sistemica. A sostenerlo – spiega il prof. Gianfranco Sinagra,
direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie
dell’Apparato Cardiovascolare dell’Universita’ di Trieste e
della Cardiologia – è uno studio basato sull’esperienza di
patologia cardiovascolare della professoressa Rossana Bussani
dell’Istituto di Anatomia Patologica di Asugi-Università di
Trieste, criticamente analizzata con i colleghi cardiologi
dell’ospedale di Cattinara (Trieste) e ricercatori molecolari di
Icgeb, il Centro internazionale di Ingegneria Genetica e
Biotecnologie di Trieste.
Se nelle precedenti pandemie le miocarditi erano descritte
con una frequenza sino al 20-30% dei casi autoptici, questo
lavoro sostiene – spiega Sinagra – che, invece “la miocardite è
stata identificata in meno del 2,5% dei casi, e, che la
miocardite non sembra essere causata direttamente dal
coronavirus essendo risultata negativa la ricerca molecolare del
genoma virale. Il cuore nei casi analizzati, anche se
risparmiato dal danno infiammatorio (miocardite), mostrava forme
aspecifiche di danno in relazione con la gravità dell’ipossia e
delle cardiopatie preesistenti”. Lo studio infatti –
sintetizzato in un articolo coordinato clinicamente da Matteo
Dal Ferro, cardiologo e ricercatore, in pubblicazione nella
rivista Clinical Research in Cardiology – ha analizzato
l’impatto dell’infezione da SARS-CoV-2 a livello miocardico, in
una serie di casi autoptici triestini deceduti per severa
polmonite Covid19 durante la prima ondata epidemica. Sulla base
di una analisi patologica e molecolare, lo studio ha dimostrato
che nonostante il virus si diffonda ubiquitariamente in
particolare a livello dei polmoni, al momento del decesso sia
praticamente introvabile a livello del cuore. L’analisi
istologica eseguita rappresenta una delle più accurate e
dettagliate presenti in letteratura, completata dalle più
moderne tecniche molecolari di ricerca del genoma virale.
Le implicazioni di queste scoperte, che ampliano esperienze
già pubblicate, si estendono anche ad altri ambiti: in
cardiologia ambulatoriale saranno d’aiuto per monitorare più
strettamente la malattia nei noti malati cardiopatici e in
medicina dello sport, ad esempio, potranno contribuire alla
corretta gestione degli atleti reduci da infezione da
coronavirus portatori di eventuali esiti. (ANSA).
Fonte Ansa.it