Roma, 1 aprile 2022 – Il fibroadenoma mammario è una neoplasia benigna con un’incidenza maggiore nelle donne tra i 25 e i 30 anni (dati AIRC, secondo le stime vi è una drastica riduzione dopo la menopausa, complice il diverso assetto ormonale). È il tumore benigno più comune del seno e colpisce il 25% delle donne.
Una tecnologia di ultima generazione è oggi in grado di rimuoverlo in maniera estremamente mininvasiva: all’Ospedale San Carlo di Nancy, struttura di GVM Care & Research accreditata con il SSN, per la prima volta nel Lazio è stato effettuato un intervento di crioablazione per il trattamento del fibroadenoma.
“Si tratta di una procedura già conosciuta e utilizzata in alternativa alla chirurgia per altri distretti corporei – spiega la dott.ssa Laura La Barbera, specialista in Radiologia Senologica e di genere presso l’ospedale romano di GVM –. Ci consente elevati benefici per la paziente che sceglie una valida alternativa alla chirurgia, in termini di assenza del dolore post-procedurale, di mininvasività e di conservazione dell’aspetto estetico del seno. Si interviene infatti mediante un singolo ago che veicola l’azoto liquido (-196° C) esattamente al centro del fibroadenoma “congelandolo”; si vede formarsi progressivamente una “iceball” che ingloba il nodulo stesso. Il tessuto neoplastico viene quindi necrotizzato dal ghiaccio e nell’arco di circa 6 mesi viene riassorbito naturalmente”.
Il primo step per una diagnosi di fibroadenoma passa da una corretta autopalpazione: il nodulo infatti solitamente si percepisce al tatto, si presenta come una massa di consistenza dura, con superficie liscia, mobile sui piani superficiali e profondi, con cute sovrastante normale; in genere non provoca dolore alla mammella. L’esame che accerta la benignità del nodulo viene definito agobiopsia: mediante un ago tranciante viene prelevato del materiale organico (frustolo) che viene poi inviato in anatomia patologica per essere analizzato (esame istologico).
Il caso trattato presso l’Ospedale San Carlo di Nancy è emblematico dell’importanza di questa nuova metodica introdotta: la paziente, una giovane di 38 anni senza fattori di rischio per tumore mammario, presentava due fibroadenomi di grandi dimensioni (2cm e 3cm) su un seno piccolo. La chirurgia tradizionale, con noduli adiacenti di queste dimensioni in una mammella piccola, dal punto di vista estetico si sarebbe rivelato un intervento invasivo.
Una volta studiato il caso specifico, ottenuta una diagnosi di benignità tramite biopsia e verificata l’assenza di controindicazioni (ad es. eventuali alterazioni della coagulazione), la paziente, considerati i vantaggi indubbi della nuova metodica, ha scelto di sottoporsi a crioablazione giovando di diversi benefici: si interviene in regime ambulatoriale, senza tagli e senza suture, riducendo fino ad azzerare il dolore post intervento (la procedura avviene sotto anestesia locale e all’avvio del congelamento il freddo stesso funge da anestetico).
La crioablazione viene eseguita sotto guida ecografica. Scelto il sito di ingresso (non deve presentare grossi vasi e deve collocarsi ad una distanza corretta dal nodulo), si introduce una criosonda che viene posizionata al centro del nodulo. Dopodiché si avvia il “congelamento” che dura circa 10 minuti per nodulo. La procedura si conclude con una piccola medicazione sul punto di ingresso della criosonda. La paziente rimane in osservazione un paio d’ore prima delle dimissioni.
“Il fibroadenoma, nonostante sia una forma tumorale benigna, può avere la tendenza ad aumentare il suo volume con il tempo – prosegue la dott.ssa La Barbera –. Da qui l’importanza di una diagnosi tempestiva e un corretto follow up, che ci consenta di intervenire in maniera mininvasiva. Gli interventi al seno devono tenere sempre in considerazione anche l’aspetto estetico: preservare l’estetica gioca infatti un ruolo importante anche dal punto di vista psicologico, soprattutto quando si parla di lesioni benigne”.
La crioablazione sul seno è una recente novità: se il suo utilizzo su altri organi può contare oltre 30 anni di letteratura scientifica, l’uso sulla mammella risale a pochi anni fa, quando l’innovazione tecnologica è stata in grado di ideare un unico ago per la veicolazione dell’energia ghiacciata (la crioablazione veniva solitamente fatta con l’introduzione di molti aghi, non utilizzabili sul seno). È inoltre attualmente in corso uno studio con diverse Breast Unit italiane per il trattamento di piccoli tumori maligni di basso grado (non più grandi di 3 cm), lasciando ben sperare in un ulteriore utilizzo futuro a beneficio di molte pazienti.