Università di Torino. E’ facile spiegare perché si muore per sete. Il corpo umano è costituito da 42 litri di acqua, dei quali 28 dentro le cellule. Svolge funzioni essenziali, come il mantenimento della vita cellulare e il bilanciamento della temperatura interna. Nel caso di persone rimaste intrappolate nelle macerie di un edificio crollato per un terremoto, queste, nella maggior parte dei casi, possono essere salvate entro circa tre giorni. La disidratazione avviene rapidamente, causando dapprima estrema sete e affaticamento e, infine, insufficienza delle funzioni del corpo e, poi, morte. Una persona può passare dal sentirsi assetata e leggermente pigra il primo giorno senza acqua fino all’insufficienza organica al terzo. Come regola generale si ritiene che questo periodo di tempo sia il massimo per la sopravvivenza.
La morte per fame si spiega con il fatto che senza cibo viene meno l’apporto energetico necessario per sostenere le funzioni vitali del corpo, come il mantenimento della temperatura, e per lo svolgimento dei movimenti non volontari come quelli del cuore e dei visceri, ma soprattutto per i movimenti somatici che arricchiscono la nostra vita quotidiana.
Più complessa è la situazione della morte che segue la deprivazione di sonno e la spiegazione non è semplice. Un gruppo di ricercatori americani guidati da Allan Rechtschaffen, nel lontano 1983, ha affrontato l’argomento con esperimenti eseguiti su ratti per capire se la morte che seguiva la deprivazione era da imputarsi alla mancanza di sonno o allo stato di disagio e stress subito da questi animali. Con un ingegnoso esperimento sottopose due gruppi di animali in condizioni di ricevere lo stesso carico di disagio, ma con la possibilità di dormire ad un solo gruppo. Gli esperimenti hanno dimostrato che i ratti nei quali mancava il sonno mangiano molto di più e che, nonostante il maggior apporto calorico, perdono peso e non sono più in grado di regolare la temperatura corporea, che scende inesorabilmente verso il valore di quella dell’ambiente in cui vengono tenuti. Questo rappresenta il maggior pericolo per la loro sopravvivenza.
Tutti i mammiferi, compresi noi uomini, vivono in un binario molto stretto di variazione della temperatura interna che oscilla fra i 38 gradi centigradi e valori intorno a 41-42 gradi, situazione, quest’ultima, che può essere fatale. In condizioni normali, quando la temperatura scende, l’organismo risponde con un aumento del metabolismo. L’energia prodotta rilascia calore per riscaldare il cervello e il corpo e per mantenere un valore compatibile ed evitare la morte. Ma in assenza di sonno questo recupero fallisce con gravi conseguenze.
L’aspetto più significativo associato alla perdita di sonno è l’instaurarsi di ferite infette che si manifestano nella regione profonda della pelle degli animali. Quindi, assieme al rallentamento dei processi metabolici anche il sistema immunitario manifesta segni di indebolimento. In condizioni normali, durante il sonno, il sistema immunitario rilascia particolari proteine, chiamate citochine, alcune delle quali favoriscono il sonno. Queste aumentano quando si ha un’infezione o un’infiammazione o quando si è sotto stress. La privazione del sonno tende a ridurre la produzione di queste citochine e di conseguenza a ridurre le difese immunitarie e questo spiega l’insorgenza delle ferite infette dei ratti deprivati di sonno. In conclusione la morte per deprivazione di sonno ha come causa principale il crollo del sistema che difende l’organismo dall’invasione di estranei che spesso sono i nemici che ci annientano.
A sostegno della suscettibilità di subire malattie infettive c’è un altro dato. Ad un gruppo di volontari di ambo i sessi è stato somministrato per via nasale un tipo di rinovirus che causa un raffreddore molto blando. Nella settimana precedente negli stessi individui, tramite un particolare braccialetto, è stata valutata la durata del loro sonno. Ne è venuto fuori che in coloro che nella settimana precedente avevano dormito meno l’incidenza del raffreddore è stata più alta, confermando così che con meno sonno aumentano i fattori infiammatori. Merita ricordare che le persone affette dalle apnee notturne presentano nel sangue dei marcatori che rivelano uno stato infiammatorio cronico.
L’epidemia della disfunzione del sonno ha anche un profondo impatto su una varietà di malattie gastrointestinali. Dati recenti hanno messo in evidenza una relazione tra i disturbi del sonno e disfunzioni intestinali che molti studi hanno dimostrato avere un ruolo fondamentale per la nostra salute.
E’ poi interessante quanto riporta Anthony Beevor nel libro «Stalingrado». Durante la Seconda guerra mondiale, le truppe tedesche assediavano la città. I russi sferravano attacchi di notte rendendo impossibile il sonno dei soldati tedeschi, vivendo così in uno stato continuo di carenza di sonno. Dieter Girgensohn, patologo, ebbe l’ordine di svolgere indagini. Destò preoccupazione il fatto che vi era un aumento di morti, non per i combattimenti, ma per il sopraggiungere di malattie infettive con un tasso di cinque volte superiore al periodo precedente.
Abbiamo trascorso un lungo periodo di guerra con un Coronavirus. Questa guerra ha visto il virus attaccare soprattutto le persone più avanti con l’età, nelle quali il sistema immunitario è più debole, ma non abbiamo mai raccomandato di tenere in considerazione l’importanza di riposare bene la notte: è una delle condizioni migliori per mantenere in forma il sistema immunitario, così come la nostra salute mentale e il nostro benessere. —
Fonte www.lastampa.it