Come da 18 anni a questa parte, il 10 maggio si celebra in tutto il mondo il World Lupus Day sull’onda del claim “Make Lupus Visible – Rendiamo visibile il Lupus”. Una giornata di sensibilizzazione verso questa malattia cronica, autoimmune, che può colpire pelle, articolazioni, cuore, polmoni, reni, cellule del sangue, di cui si parla ancora troppo poco. Ogni anno, solo nel nostro Paese, vengono diagnosticati 1.500-2.000 nuovi casi di Lupus, una malattia che può presentarsi già in età pediatrica (interessa, infatti, 5 bambini su 1milione) ma che predilige le giovani donne tra i 15 e 45 anni, con un rapporto di 9 a 1 rispetto agli uomini. È una malattia che può compromettere seriamente la qualità della vita di chi ne è affetto, a causa dei forti dolori che provoca, della stanchezza generalizzata, e della febbricola, oltre che per i segni che può lasciare sulla pelle, tra questi il classico eritema a farfalla sul viso. Sensibilizzare su quelli che sono i campanelli di allarme, allora, è necessario, per far sì che la diagnosi sia sempre più precoce. Iniziare a trattare quanto prima il Lupus, infatti, è fondamentale.
«Questa giornata di sensibilizzazione è importantissima per noi, e lo è ancora di più quest’anno: a causa della pandemia non potremo allestire banchetti con materiale informativo come abbiamo sempre fatto, ma daremo voce alle storie di Lupus, che sono anche storie di resilienza. Abbiamo lanciato nei giorni scorsi la campagna #mylupusstory e stasera, insieme ai nostri esperti, ne parleremo sulla nostra pagina Facebook. Dare voce a chi come noi convive con questa malattia, è un modo per far sì che questi vissuti, fisici ed emotivi, non restino invisibili e diano la possibilità di aiutare anche altre persone che si trovano nella stessa condizione», premette Rosa Pelissero, Presidente del Gruppo LES. Che aggiunge: «Da più di un anno a questa parte, abbiamo iniziato a fare divulgazione sui nostri canali social, Facebook e YouTube, occupandoci anche di smontare falsi miti riguardo alle terapie e ai vaccini anti-Covid19 che via via prendevano spazio nelle convinzioni delle persone, promuovendo una corretta informazione su questi temi, grazie all’aiuto di tutti gli esperti che ci hanno offerto il loro contributo con la loro partecipazione alle nostre iniziative di divulgazione. Un grazie particolare va a Francesca Romana Spinelli, reumatologa presso La Sapienza Università di Roma, che ci ha seguito in questa attività fin dal primo momento e continua imperterrita a farlo. Abbiamo continuato, e continueremo, a dare sostegno alle persone, rispondendo ai tanti dubbi e alle tante perplessità che ci hanno presentato man mano, tra cui le paure relative al reperimento di alcuni farmaci come l’idrossiclorochina, che all’inizio della pandemia sono stati impiegati per la cura della Sars-Cov-2, e alla preoccupazione di poter continuare o meno con le terapie infusionali con il belimumab, data la sospensione di alcune attività ambulatoriali. Non ci siamo fermati, insomma, e grazie ai fondi del 5×1000 abbiamo continuato a finanziare la ricerca e le Lupus Clinc, che da quest’anno sono diventate 10: all’elenco si aggiunge la Città della Scienza e della Salute di Torino», sottolinea Rosa Pelissero.
Il Lupus non fa più paura come un tempo, anche perché le armi e le strategie per combatterlo sono aumentate. I passi in avanti della ricerca, infatti, hanno permesso di aggiungere altri alleati terapeutici per contrastare la malattia. Quali sono? «Le cause di questa malattia non sono ancora del tutto note; in persone geneticamente predisposte, epigenetica e fattori ambientali determinano un’attivazione non controllata della risposta immune. La maggiore conoscenza delle alterazioni immunologiche alla base della malattia ha permesso di mettere a punto farmaci capaci di mirare alle molecole maggiormente implicate nella patogenesi del Lupus, ampliando il numero di opzioni terapeutiche. Il belimumab è solo il primo dei farmaci biologici approvati per il Lupus Eritematoso Sistemico; sono in studio diversi altri biologici, alcuni dei quali già approvati per la cura di altre malattie reumatologiche. Oltre al numero crescente di farmaci è cambiata la strategia terapeutica: oggi la terapia mira a raggiungere obiettivi precisi come il rapido controllo della malattia, la prevenzione del danno cronico e il risparmio di glucocorticoidi per garantire il benessere e la qualità della vita delle persone affette da Lupus», conclude Francesca Romana Spinelli, reumatologa presso La Sapienza Università di Roma.