Pitagora, filosofo e mitica figura di saggezza, vissuto probabilmente nel VI secolo prima di Cristo, non si cibava assolutamente di carne. Ma San Paolo la pensava diversamente
Armando Torno www.ilsole24ore.com
Cominciamo da questa frase: “L’essere razionale ha il primato, mentre il bestiame e tutto ciò che è generato dalla terra nasce per essere usato dall’uomo”. Oggi potrebbe proferirla il proprietario di una catena di negozi alimentari, in realtà risale all’antica scuola filosofica degli stoici. Le parole ci sono state conservate da un dotto padre della Chiesa, Origene, vissuto nel III secolo della nostra era.
Il dibattito tra carnivori e vegetariani era già attivo in quell’epoca, anzi cominciò molto prima. Pitagora, filosofo e mitica figura di saggezza, vissuto probabilmente nel VI secolo prima di Cristo, non si cibava assolutamente di carne. E con lui concordarono altri pensatori o eminenti figure della civiltà greca, come il fondatore della medicina occidentale Ippocrate.
Il cristianesimo, tuttavia, prima di annoverare santi vegetariani (per esempio Francesca Romana: nel XV secolo mangiava soltanto legumi e verdure) la pensava come San Paolo, che nella Prima Lettera ai Corinti scrisse: “Tutto ciò che è in vendita sul mercato, mangiatelo pure senza indagare per motivo di coscienza, perché del Signore è la terra e tutto ciò che essa contiene” (10, 25-26).
Ora il dibattito è più vivo che mai. E dopo il filosofo australiano Peter Singer, pioniere del movimento per i diritti degli animali e attivista tra i più noti, che con il suo saggio del 1975 “Animal Liberation” ha messo in crisi antiche certezze, la questione ha investito l’etica stessa. Singer si è proposto di “porre fine tanto all’inflizione di sofferenze agli animali non umani, quanto alla loro uccisione”. Il suo pensiero non è distante da quello del pacifista e sommo scrittore Lev Tolstoj; né da Plutarco, sacerdote pagano e biografo principe del mondo antico, vissuto tra il I e II secolo. Scrisse quest’ultimo: “Quale pranzo non sarà eccessivo, se condanna a morte un essere vivente? Per noi la vita vale così poco?”.
La citazione riportata si legge in un piccolo trattato morale del medesimo Plutarco, “Sul mangiare carne”. L’occasione per rimeditare tali questioni è data da un piccolo libro, curato da Francesco Chiossone e intitolato “Essere vegetariani nell’antica Grecia” (il Melangolo, pp. 72, euro 7). In esso sono anche tradotte pagine del filosofo Porfirio, morto nel 305 della nostra era, intitolate “Sull’astinenza dagli animali”.
Insomma, l’abitudine di non mangiare carne per rispettare altri esseri viventi, risale ai greci. Poi innumerevoli pensatori furono d’accordo, con o senza clamore. Tra i molti non va dimenticato Voltaire, il padre dell’Illuminismo. Tra le sue opere vi è il “Dialogo del cappone e della pollastrella” in cui attacca l’idea teologica della differenza sostanziale tra essere umano e animali, soprattutto la nostra pretesa – derivante dal diritto religioso – di disporre dell’intera natura. Condannò per questo i tormenti inflitti agli animali d’allevamento, mostrando qualcosa di più di una simpatia per il vegetarismo.
Sotto: San Paolo, Basilica di Agliate Carate Brianza, mosaico, secolo XI