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La Sla bloccata nei topi, con iniezioni nel midollo spinale

Bloccata nei topi la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) causata da una mutazione del gene Sod1: il risultato è stato ottenuto iniettando direttamente nel midollo spinale un virus reso inoffensivo che, veicolando una molecola di Rna capace di silenziare il gene malato, ha permesso di arrestare la degenerazione dei neuroni che controllano il movimento. Il risultato è pubblicato sulla rivista Nature Medicine da un gruppo internazionale di ricerca guidato dall’Università della California a San Diego.

“Al momento, questo approccio terapeutico offre la terapia più potente mai dimostrata in un modello murino di Sclerosi laterale amiotrofica legata a mutazione del gene SOD1”, afferma Martin Marsala, docente del Dipartimento di anestesiologia alla UC San Diego School of Medicine. Il suo gruppo ha anche dimostrato che la tecnica è praticabile nei maiali e nei primati, dotati di un midollo spinale di dimensioni paragonabili a quelle umane.

La tecnica di iniezione è detta ‘subpiale’ perché consente di attraversare la pia madre, cioè la più interna delle meningi, le membrane che avvolgono e proteggono il sistema nervoso centrale. Una volta superata questa barriera, il virus-navetta riesce a raggiungere in modo uniforme tutte le cellule nervose, con risultati migliori rispetto a quando viene iniettato in vena o nel fluido cerebrospinale che circonda la pia madre.

La sperimentazione ha dimostrato che singole iniezioni a livello cervicale e lombare, somministrate a topi adulti con il gene Sod1 mutato ma ancora senza i sintomi della Sla, permettono di prevenire la degenerazione dei neuroni motori. La terapia somministrata a topi che già presentano i sintomi della Sla, invece, permette di arrestare la neurodegenerazione nel lungo periodo.

Durante i test non si sono manifestati gravi effetti collaterali per oltre un anno dal trattamento. In ogni caso, sottolinea Marsala, “verificare la sicurezza in animali più grandi e simili all’uomo sarà un passo cruciale verso la sperimentazione clinica”. Uno scenario che secondo il ricercatore sarà di grande interesse anche per il trattamento di altre forme ereditarie di Sla e varie malattie neurodegenerative spinali.

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