La questione non è solo annosa, ma spinosa. Come tutte le questioni che riguardano il sesso, sebbene si parli di cervello. Le differenze strutturali fra cervello maschile e femminile determinano i diversi comportamenti o sono i diversi comportamenti maschili e femminili a determinare possibili differenze di alcune strutture cerebrali?
Una risposta secca arriva da Gina Rippon, professore emerito di Neuroimaging cognitivo alla Aston University di Birmingham: «Gendered Brain: The New Neuroscience that Shatters the Myth of the Female Brain» è un volume di quasi 500 pagine nel quale spiega il ruolo essenziale dell’esperienza nello sviluppo cerebrale nel maschio e nella femmina e afferma che non esistono caratteristiche che, a priori, possono identificare un cervello come quello di un uomo o di una donna.
«Per capire la bipartizione – afferma Rippon – dobbiamo tornare al XVIII secolo, quando uomini e donne ricoprivano ruoli distinti nella società. Da lì l’idea che alla base ci dovessero essere cervelli diversi. Se la metrica fosse questa, però, staremmo giustificando anche chi faceva distinzioni fra bianchi e neri, ma sappiamo che non è così». Diversi studi hanno tuttavia verificato il fatto che il cervello di uomini e donne presenta delle differenze. E qui casca l’asino, secondo Rippon: «In media, si possono trovare delle differenze, ma se si guardano i singoli dati si vede che c’è molta sovrapposizione. Insomma, se prendiamo i numeri di un singolo individuo, a priori, non saremmo in grado di affermare con certezza che i dati provengono da un uomo o da una donna».
La tesi è che si fanno prove basate su pregiudizi, come i test di abilità visuospaziale. La maggior parte dei maschi ha passato anni a giocare con i videogiochi, mentre la maggior parte delle femmine si è cimentata in altri compiti. «È quindi necessario svolgere test più accurati – sostiene – per confutare certe ipotesi basate su preconcetti e non semplicemente dimostrarle. Inoltre non è corretto categorizzare i comportamenti, a partire dal vestire le bambine di rosa e i bambini di azzurro».
Considerata da alcuni colleghi un’estremista, oltre che sui pregiudizi vecchi di secoli Rippon basa le sue spiegazioni su una delle caratteristiche più importanti dei neuroni: è la plasticità, la capacità di cambiare adattandosi all’ambiente. Dove e come viviamo, le esperienze che facciamo o le persone che incontriamo contribuiscono fortemente a modificare la struttura e la funzione del cervello. «Le differenze che si possono notare – sostiene – derivano dai giochi che facciamo, dai vestiti che indossiamo, dagli sport che pratichiamo e dagli amici di cui ci circondiamo, fino al lavoro. Nella società le differenze fra maschi e femmine emergono ancora prima che nasciamo».
Ma qual è il ruolo della biologia, come le differenze ormonali o la prevalenza di certe malattie nei due sessi? «Gli ormoni hanno un ruolo determinante per certe caratteristiche – afferma – ma si è visto che gli effetti strutturali sul cervello sono scarsi. Per le patologie psichiatriche, ad esempio, il processo è complesso e spesso il ruolo dell’ambiente è determinante; in altre malattie come la sclerosi multipla il ruolo del sesso è determinante, per quanto è connesso al sistema immunitario, e comunque ci sono ampie sovrapposizioni nei dati».
Ma se dovesse scommettere sul trovare differenze nei cervelli di maschi e femmine? «Credo che più che guardare all’architettura – risponde – cercherei differenze funzionali, nel connettoma, focalizzandosi non su un compito ma durante i periodi di riposo». In questi studi, all’interno dello Human Connectome Project, in cui l’attività cerebrale viene studiata con analisi di risonanza magnetica, sono state identificate delle regioni, come la corteccia cingolata, alcune porzioni frontali e temporoparietali, l’insula e il precuneo, che mostrano un legame con il sesso. I dati, tuttavia, non indicano un chiaro dimorfismo nell’organizzazione funzionale del cervello guidato solo dal sesso. La controversia è destinata a continuare.
Fonte www.lastampa.it