“E’ cambiato molto lo standard di cura rispetto ai primi mesi. Ad esempio i farmaci per Aids abbiamo visto che non sono da utilizzare, perché troppo pesanti per i pazienti; la clorochina non ha mostrato dati positivi”. Invece, “il cortisone rappresenta oggi uno dei cardini della terapia: uno studio inglese ha mostrato che riduce la mortalità. E l’eparina è diventato altro pilastro del trattamento”. Lo ha spiegato ad Agorà, su Rai 3, il direttore generale dell’Aifa, Magrini facendo il punto sulle cure disponibili contro il Covid-19, e specificando che la terapia del plasmaiperimmune “non sappiamo ancora se funziona e in chi”.
“Oggi ancora il plasma non è uno standard di cura”, ha precisato Magrini. Su questa terapia basata sull’utilizzo degli anticorpi presenti nel plasma dei pazienti in convalescenza “gli Stati Uniti hanno pubblicato la scorsa settimana dei dati relativi a 4.000 pazienti trattati col plasma e hanno detto che ancora non sappiamo se funziona e in chi. Se funziona è probabile che funzioni poco e solo in alcune categorie”. In Italia, ha proseguito il direttore generale dell’Aifa, “è finalmente stato avviato uno studio di discrete dimensioni che sta ancora reclutando i pazienti”, e che era già stato annunciato alcuni mesi fa. Si tratta, come per altri farmaci anti Covid, “di uno studio randomizzato, ovvero in cui un gruppo di pazienti prende il farmaco e l’altro no. E’ ora in corso, ha arruolato 150 pazienti, ma penso si debba arrivare almeno a 500 o mille, per capire che cosa fa”.
“Abbiamo farmaci specifici, gli anticorpi monoclonali, che sono stati clonati da diverse industrie, tra cui anche un gruppo italiano di alto livello, e sono in fase avanzata di sviluppo – ha detto ancora Magrini -. Potrebbero diventare presto un’opzione. E per presto intendo i primi mesi dell’anno prossimo o il primo semestre. C’è ottimismo, ma serve anche cautela”. Rispetto al Remdesivir, prima terapia approvata in Europa contro forme gravi di Sars-Cov-2, ha proseguito Magrini, “c’è stato un primo studio, pubblicato forse troppo presto, fatto negli Stati Uniti che indicava efficacia discreta. Il nuovo studio reso noto venerdì, ma non ancora pubblicato in rivista, come vogliamo che sia per vedere i dati, riduce le aspettative sulla riduzione della mortalità. Può essere un farmaco potenzialmente aggiuntivo ma vogliamo vedere cosa fa in aggiunta al cortisone. Servono ulteriori studi probabilmente”.
Fonte Ansa.it