Migliora la sopravvivenza dei pazienti con diagnosi di melanoma in stadio avanzato, tanto che oggi, grazie all’immunoterapia, il 52% è libero da recidive a 4 anni dall’inizio delle cure. Inoltre, dopo essere aumentati per molti anni i tassi del melanoma in Italia hanno cominciato a diminuire nelle ultime generazioni. Tuttavia questo tumore maligno della pelle rappresenta ancora ben il 30% dei tumori solidi in gravidanza. È la fotografia scattata dall’Intergruppo Melanoma Italiano (IMI), presentati al 26/mo Congresso Nazionale, che si chiude oggi.
Come mostrano i dati raccolti grazie ai database Airtum, l’incidenza del melanoma, afferma Lauro Bucchi, epidemiologo dell’Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori Irccs, “è aumentata regolarmente tra il 1994 e il 2013 del 3,6% annuo negli uomini e del 2,5% annuo tra le donne.
Tuttavia, i tassi sono aumentati per tutti i nati fino alla metà degli anni ’70 ma, per le generazioni successive, si sono prima stabilizzati e, in quelle più recenti, hanno cominciato a diminuire”. Dopo la seconda guerra mondiale, complice la moda dell’abbronzatura, le generazioni hanno incominciato ad avere un rischio più alto di quelle precedenti. “Le ultime generazioni sono, invece quelle dei primi bambini che le madri hanno protetto con i filtri solari”, grazie alle tante campagne di sensibilizzazione. Altro successo si registra nelle terapie di questo tumore maligno della pelle in stadio, grazie al nivolumab, molecola che in Italia ha ricevuto la rimborsabilità, la cui efficacia è stata confermata nello studio Checkmate 238.
“A 4 anni dall’inizio del trattamento il 52% dei pazienti a cui è stato somministrato il nivolumab era libero da recidive contro il 41% dell’ipilimumab”, spiega Antonio Maria Grimaldi, dirigente medico del Dipartimento Melanoma e Immunoterapia presso l’Irccs Fondazione Pascale di Napoli. Se molta strada è stata fatta, molta ancora ce ne è da fare, in particolare per il melanoma associato alla gravidanza, un problema poco noto ma che rappresenta la seconda neoplasia per frequenza in questa delicata fase della vita. Anche se non sono ancora chiari i meccanismi, si ipotizza che ciò sia dovuto alla maggiore attività melaninica e alla fisiologica alterazione dello stato ormonale collegati alla gestazione, spiega Enrica Teresa Tanda, oncologa dell’Irccs Policlinico San Martino di Genova. In ogni caso la prima arma a disposizione è la diagnosi precoce.
Da qui l’appello a “fare almeno una visita di controllo ad inizio gravidanza e seguire le indicazioni del dermatologo”. La diagnosi tardiva, conclude Pietro Quaglino, della clinica Dermatologica di Torino, “metterebbe in pericolo la vita della madre e del nascituro. Occorre quindi rivolgersi subito ad un Centro di riferimento specializzato nella cura di queste giovani pazienti”.
Fonte Ansa.it