Alcuni componenti del latte interagiscono con i batteri benefici che popolano l’intestino dei neonati, proteggendoli dall’infiammazione e garantendo l’assimilazione dei nutrienti. Tra le massime esperte di questi complessi componenti bioattivi c’è un’italiana, Daniela Barile: un dottorato in scienze delle sostanze bioattive all’Università del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro, è professoressa al Department of Food Science and Technology della University of California a Davis, centro noto nel mondo per l’agroalimentare e il biotecnologico.
Quello tra il nutrimento dei cuccioli di mammifero, il latte materno e il microbiota è un legame frutto di una lunga co-evoluzione. «Gli oligosaccaridi del latte umano (Hmo) sono carboidrati molto speciali che alimentano le popolazioni batteriche “buone”, le quali producono metaboliti positivi e vivono nel nostro intestino, il microbiota, modulandone la composizione: ad esempio inibendo la proliferazione dei patogeni indesiderati che, affamati, muoiono», spiega Barile. Ma la funzione difensiva degli Hmo rispetto alle infezioni sfrutta anche un altro meccanismo: «Attraverso frammenti sulla loro superficie ingannano i batteri patogeni che vi si attaccano e finiscono così per essere trascinati fuori dal corpo, come un vagone attaccato ad una locomotiva che corre verso la stazione finale».
Al contrario i bifidobatteri possiedono gli enzimi per «rompere» e quindi digerire questi oligosaccaridi, di cui vanno ghiotti. Con il suo gruppo Barile studia proprio questa funzione prebiotica degli oligosaccardi del latte umano e di un latte evolutivamente simile, quello bovino. «Abbiamo poi pensato al siero di latte, che è il prodotto che resta dopo la produzione del formaggio, perché è una buona fonte commerciale alternativa di oligosaccaridi complessi che somigliano agli oligosaccaridi del latte umano, sia dal punto di vista strutturale sia per la variabilità».
Gli studi di cui è autrice sono stati condotti in collaborazione con gli specialisti di ciascuna disciplina medica e riguardano un’ampia gamma di attività benefiche degli Hmo che migliorano la funzione della barriera intestinale, riducono l’infiammazione e svolgono una funzione antiobesità. Non solo. In combinazione con un ceppo probiotico invertono il processo del fegato grasso («Nash»), come mostra uno studio in collaborazione con gli Istituti di Sanità americani Nih. Un altro studio pre-clinico di cui è co-autrice, apparso su «Cell», mostra la ripresa della crescita normale in animali denutriti, il cui microbiota intestinale sia stato ripopolato proprio dagli oligosaccaridi del latte. «La crescita avviene a livello sia di ossa sia di organi e di cervello».
Ora la Gates Foundation ha finanziato con 40 milioni di dollari la sua start-up, Evolve Biosystem, per un progetto dedicato alla lotta contro la malnutrizione nei bambini del Bangladesh attraverso la «riparazione» del microbiota intestinale. Ma un po’ ovunque, complici l’aumento dei cesarei, degli antibiotici e dei latti artificiali, alcuni preziosi ceppi del Bifidobacterium, in particolare il B. infantis, sono in diminuzione tra i bambini. La perturbazione sulla salute futura dei bambini sta quindi emergendo dalla letteratura epidemiologica e da molti studi clinici.
Anche per aver prodotto l’unico probiotico per bambini contenente B. Infantis, in forma attivata, Daniela Barile e suoi collaboratori hanno ricevuto dall’Università della California a Davis il premio «Innovatore dell’anno» per le attività imprenditoriali con impatto sociale. Intato, alla domanda su quando saranno disponibili sul mercato gli oligosaccaridi estratti dal siero Barile risponde: «Dobbiamo perfezionare ulteriormente le tecniche di estrazione su larga scala, ma il futuro è promettente». Per quanto riguarda la creazione di oligosaccaridi sintetici o comunque da fonti diverse dal siero del latte bovino, Barile è a capo di un progetto, finanziato da un gigante dell’industria chimica tedesco, che è riuscito a produrre alcuni di questi oligosaccaridi per via ricombinante. «Ci vorranno molti anni prima che riescano a riprodurre la complessità degli oligosaccaridi naturali del latte, più di 200 strutture nel latte umano e una sessantina nel bovino – aggiunge -, però è un passo avanti e per noi è utile avere oligosaccaridi puri per studiare gli effetti sull’intestino e l’interazione intestino-cervello».
Infine, dall’individuo all’ambiente, al cui benessere diventa prioritario pensare in ogni settore. Le ricerche di Daniela Barile strizzano l’occhio al Pianeta. I carboidrati, così preziosi, potrebbero essere ricavati dagli scarti dell’industria alimentare, estraendoli dalle bucce di frutta e verdura, dalla crusca del riso e avena, dai fondi di caffè. E dagli scarti della produzione del vino e della birra.
Fonte www.lastampa.it