(ANSA) – ROMA, 21 GIU – La presenza contemporanea di alcune
varianti genetiche rare aumenta significativamente il rischio di
sviluppare il morbo di Parkinson. Sequenziando il genoma di 500
pazienti affetti dalla malattia, sono stati infatti identificati
ventisei geni, sedici dei quali associati per la prima volta
alla patologia. E’ quanto evidenzia una ricerca nata dalla
collaborazione tra I.R.C.C.S. Neuromed e Istituto di Genetica e
Biofisica “Adriano Buzzati Traverso” del Consiglio nazionale
delle ricerche di Napoli (Cnr-Igb), pubblicata sulla rivista
Molecular Neurodegeneration. Lo studio apre la strada a nuovi
futuri approcci terapeutici e, nel breve termine, ad un
possibile esame genetico che tenga conto del carico di varianti
dannose presenti nel genoma di un individuo per una diagnosi
precoce della patologia.
Lo studio ha preso in esame i dati genetici di due tipologie
di pazienti: quelli appartenenti a famiglie nelle quali la
malattia di Parkinson è ricorrente e quelli in cui la patologia
era comparsa senza che ci fosse familiarità (cosiddetti casi “sporadici”). Inoltre gli autori del lavoro hanno approfondito
la ricerca esaminando, sia su tessuti umani che su modelli
animali, l’espressione genica. Cinque dei geni studiati sono
risultati particolarmente espressi in neuroni dopaminergici
della Substantia Nigra la cui degenerazione è la causa
principale del morbo di Parkinson. Si tratta del più ampio
studio genetico realizzato su pazienti italiani affetti da morbo
di Parkinson utilizzando metodiche di sequenziamento di ultima
generazione. “Abbiamo potuto identificare – dice Alessandro
Gialluisi, ricercatore del Dipartimento di Epidemiologia e
Prevenzione del Neuromed, primo autore del lavoro – varianti
correlate al rischio di Parkinson in ventisei geni, sedici dei
quali non erano stati precedentemente associati alla malattia. E
abbiamo potuto riscontrare anche come la maggior parte di questi
geni siano coinvolti in meccanismi importanti per la
funzionalità del sistema dopaminergico la cui degenerazione
porta allo sviluppo della patologia”. (ANSA).
Fonte Ansa.it