(ANSA) – ROMA, 20 LUG – I pazienti affetti da Parkinson presentano nella loro saliva un livello di caffeina inferiore rispetto alle persone sane. E misurarla potrebbe essere un metodo rapido e non invasivo per monitorare la progressione della malattia. A indicarlo sono i risultati di uno studio italiano pubblicato su Scientific Reports, rivista del Gruppo Nature.
È noto che l’assunzione di caffeina riduca il rischio di sviluppare il Parkinson, ma il legame tra i due riserve ancora sorprese. Nella ricerca sono stati studiati 86 pazienti che si trovavano a diversi stadi della patologia e sono stati messi a confronto con un gruppo di controllo costituto da 83 soggetti sani della stessa fascia di età. A tutti è stato valutato il livello di assorbimento della caffeina, il relativo metabolismo e infine la quantità di caffeina presente nella saliva. I risultati hanno dimostrato che l’assorbimento della caffeina erano simili nei pazienti e nei soggetti di controllo. Al contrario, il livello di caffeina nella saliva era inferiore nei pazienti con malattia di Parkinson in fase moderata o avanzata rispetto al gruppo di controllo. “Non sappiamo ancora con chiarezza – spiega il primo autore dello studio, Giorgio Leodori, dell’Ircss Neuromed di Pozzilli (IS) e Università Sapienza di Roma – quali possano essere le cause della differente concentrazione di caffeina e ulteriori studi saranno necessari per chiarire questo aspetto. Ciò che però emerge è che la misurazione della caffeina nella saliva può costituire un valido strumento per definire con maggiore precisione lo stadio a cui si trova la malattia e seguire la sua progressione. E’ un potenziale ‘biomarker’, utile per i clinici che seguono i pazienti”. I risultati suggeriscono inoltre che la caffeina potrebbe svolgere un ruolo nella progressione della malattia.
“Approfondire i meccanismi di questo legame – conclude – potrebbe portare a nuove conoscenze sulla genesi e sul suo sviluppo”. (ANSA).
Fonte Ansa.it