Teleconsulto, monitoraggio a distanza, ricetta dematerializzata. Il coronavirus ha spinto l’acceleratore sulla tecnologia per abbattere le distanze tra medico e paziente, nonostante il distanziamento sociale.
Durante il lockdown, in Italia, 4 mila medici, dentisti, psicologi e altri operatori sanitari hanno attivato servizi di teleconsulto e 5300 farmacie – una su quattro – si sono attrezzate per ricevere la ricetta digitale. Sono stati anche avviati servizi di telemonitoraggio che hanno permesso di tenere sotto controllo tanti pazienti da casa, liberando posti letto per gestire l’emergenza da Covid-19.
Insomma, un importante passo avanti in direzione dell’e-health e delle tecnologie informatiche e di telecomunicazione al servizio della salute. Primi beneficiari sono stati i malati cronici e le loro famiglie. Lo rivela un rapporto realizzato subito prima della pandemia: erano stati proprio i pazienti a invocare un salto di qualità nell’assistenza digitale, senza conoscere ancora i problemi innescati dal virus, che ha messo a tal punto sotto pressione la Sanità da dover interrompere servizi e visite considerati non urgenti.
«L’uso di strumenti digitali per una risposta efficace della Sanità pubblica è stato rilevante durante l’emergenza e lo sarà soprattutto in futuro», sostengono presso la European Public Health Alliance e la European Public Health Association. «La Fase 1 è stata un’occasione per alleggerire la burocrazia che rallentava tutto – spiega Emanuele Mugnani della Compugroup Medical, azienda che produce software per il settore medico e sanitario -. Dialogare a distanza con il medico o il farmacista, accedere a un consulto o a un farmaco via app, essere monitorati a domicilio sono attività possibili da tempo, ma solo l’emergenza ha fatto capire quanto possono essere importanti anche oltre la Fase 3».
Un pensiero condiviso da Sergio Pillon, esperto di «Digital Health» presso l’Epha e l’Istituto Superiore di Sanità: «Il futuro per i pazienti cronici è adesso e gli strumenti ideali per affrontarlo sono le cure digitali», sostiene l’angiologo, lanciando «un appello a politici, medici e pazienti a riconoscere il momento per concretizzare una Sanità a distanza che raggiunga i pazienti, in particolare i profili più fragili e cronici».
Ora la digitalizzazione viene invocata anche dai medici. Il 90% auspica soluzioni hi-tech per favorire la comunicazione e i contatti. E, secondo la Federazione di medicina generale, «i numeri sono destinati ad un rapido aumento a seguito del ricambio generazionale che impatta con forza sulla nostra categoria». A diffondere i dati sull’impatto del Covid-19 sull’e-health è proprio la Compugroup Medical che durante l’emergenza ha fronteggiato «un boom di richieste di attivazioni di servizi, oltre a dover garantire il rispetto della privacy e della protezione dei dati», con programmi sicuri ma al tempo stesso facili da usare, dovendo essere accessibili a tutti. Un esempio è la piattaforma di teleconsulto «Clickdoc», fornita gratuitamente per la relazione medico-paziente e per salvaguardare la continuità dell’assistenza, soprattutto per i malati cronici.
«Ogni farmacia si è trovata a gestire un carico di centinaia di ricette a settimana e un sistema dematerializzato. Prima, anche con la ricetta elettronica, bisognava ritirare dal medico di base un foglio da consegnare al farmacista. Poi sono arrivati i codici a barre sul cellulare, il che obbligava, comunque, un contatto. E’ stato quindi fondamentale contare su un nuovo servizio che permette al farmacista di accedere direttamente alla ricetta, evitando passaggi inutili. E’ un sistema di cui si è dotata una farmacia su quattro – continua Mugnani -. Un altro servizio salvavita, poi, è stato il telemonitoraggio: rappresenta la strada per liberare, in sicurezza, i posti letto in ospedale occupati da lungodegenti e malati cronici. Ma a fare la differenza in questi mesi è stato il teleconsulto, un servizio relativamente nuovo in Italia, mentre all’estero è già consolidato. In poche settimane, in Europa, abbiamo attivato oltre 85 mila utenze che hanno messo in contatto medici di base, pediatri e specialisti con i loro pazienti bloccati in casa. E’ stato un successo, soprattutto quando è stato possibile avere il supporto dell’infermiere di famiglia, come in Germania, dove i medici collegati da remoto possono contare su una persona esperta per interagire con persone con gravi disabilità o limitazioni».
Dopo questo importante banco di prova «la speranza è che le normative straordinarie che hanno permesso questa rivoluzione diventino ordinarie, così da permettere un più ampio accesso alle cure digitali anche in Italia».