(ANSA) – ROMA, 10 DIC – Ritardare di appena un minuto il taglio del cordone ombelicale riduce la mortalità e il rischio di disabilità dei prematuri mati prima della 30ima settimana: il rischio è ridotto del 17% nella prima infanzia e la riduzione del rischio di morte sale al 30% entro i due anni di vita del bambino; si riduce del 15% anche il rischio di dover ricorrere a una trasfusione di sangue.
Sono i risultati di un trial clinico durato due anni: resi noti sulla rivista The Lancet Child and Adolescent Health, si devono a uno studio coordinato da esperti della University of Sydney.
“Pensiamo che ritardando il taglio del cordone ombelicale i neonati riescono ad ottenere un maggior numero di globuli rossi e bianchi e di cellule staminali dalla placenta, aiutandoli a raggiungere un buon livello di ossigeno, controllare infezioni ed eventuali lesioni ai tessuti”, spiega il coordinatore del lavoro, William Tarnow-Mordi. Ritardare il taglio del cordone è ormai routine nei nati a termine, mentre per i prematuri vi è sempre stato il dubbio di tagliare immediatamente per prestare loro subito delle cure. Questo studio su oltre 1500 nati prematuri, a metà dei quali è stato tagliato il cordone con un minuto di ritardo, mostra incontrovertibilmente che è meglio aspettare.
“E’ veramente raro trovare un intervento con questa sorta di impatto che sia a costo zero e non richieda niente di più sofisticato di un orologio – spiega. Questo potrebbe contribuire all’obiettivo ONU di ridurre le morti in età neonatale e infantile, obiettivo molto disatteso durante la pandemia”, aggiunge.
“Applicato ovunque nel mondo, nei nati molto premature che non necessitino di rianimazione di urgenza potrebbe assicurare che 50.000 nati in più sopravvivano senza grosse disabilità nella prossima decade”, dichiara Kristy Robledo che ha condotto l’analisi di follow up dello studio.
“In altre parole ogni 20 nati molto pretermine su cui si ritardi il taglio del cordone, uno in più sopravviverà senza soffrire di grosse disabilità”, conclude. (ANSA).
Fonte Ansa.it