Un giapponese e uno statunitense sono i vincitori del Premio Nobel per la medicina 2018, grazie alle loro scoperte sulla cura del cancro. La risposta sta nell’immunologia molecolare e nella genetica molecolare.Sta per cambiare il mondo della medicina
Un riconoscimento che rende omaggio agli studi contro una delle sfide più grandi per la salute dell’umanità. L’assemblea dei Nobel del Karolinska Institut di Stoccolma ha assegnato il Nobel per la medicina e la fisiologia di quest’anno a James P. Allison e Tasuku Honjo. I due ricercatori sono stati premiati per la scoperta di una terapia del cancro attraverso l’inibizione della regolazione negativa della risposta immunitaria, vale a dire la disattivazione dei “freni” che alcuni tipi di tumore riescono a imporre al sistema immunitario
James P. Allison, nato nel 1948, si è laureato all’Università del Texas ad Austin, è stato direttore del Cancer Research Laboratory dell’Università della California a Berkeley e del Ludwig Center for Cancer Immunotherapy. Dal 2012 insegna immunologia al M. D. Anderson Cancer Center. Attualmente è anche direttore del Comitati scientifico del Cancer Research Institute.
Tasuku Honjo, nato nel 1942, si è laureato all’Università di Kyoto, è è professore emerito e vicedirettore del Kyoto University Institute for Advanced Study (KUIAS). In precedenza ha insegnato alle Università di Tokyo e di Osaka e collabrato con la Carnegie Institution di Washington e i National Institutes of Health statunitensi.
Per tutto il XX secolo i ricercatori hanno cercato di sfruttare l’azione del sistema immunitario per combattere il cancro, ma senza successo. La proprietà fondamentale del sistema immunitario è la capacità di discriminare il “sé” dal “non sé” in modo che batteri invasori, virus e altri pericoli possano essere attaccati ed eliminati. Le cellule T, un tipo di globuli bianchi, sono la chiave in questa difesa. Le cellule T hanno recettori che si legano a strutture riconosciute come “altro da sé”, innescando la risposta del sistema immunitario. Tuttavia perché si inneschi una risposta immunitaria completa sono necessarie proteine aggiuntive che agiscono come acceleratori dell’azione delle cellule T attraverso lo “sblocco” di alcune molecole sulla loro superficie, che ne limitano l’attività.
Questo complesso sistema di attivazione e freni del sistema immunitario serve a impedire che diventi eccessivamente attivo e aggredisca anche le cellule normali dell’organismo, come avviene nelle malattie autoimmuni. Purtroppo alcuni tumori sono in grado di interferire con questo sistema, di fatto impedendo lo sblocco dei freni.
Negli anni novanta, Allison dimostrò che una specifica proteina presente solo sulle cellule T inattive, chiamata CTLA-4, è responsabile della loro ridotta attivazione, e successivamente riuscì a sviluppare un anticorpo anti-CTLA-4 che, iniettato in topi con un cancro, portava alla remissione del tumore.
Nonostante lo scarso interesse dell’industria farmaceutica, Allison continuò a impegnarsi per trasformare la strategia in una terapia applicabile agli esseri umani. Diversi gruppi di ricerca hanno poi ottenuto risultati promettenti, e nel 2010 un importante studio clinico ha dimostrato effetti sorprendenti in pazienti con melanoma avanzato, un tipo di cancro della pelle.
Parallelamente, nel 1992 Tasuku Honjo scoprì un’altra proteina espressa sulla superficie delle cellule T, chiamata PD-1, che – come dimostrò successivamente con una serie di eleganti esperimenti, agiva anch’essa da freno delle cellule T, ma attraverso un meccanismo differente. Lo sblocco di PD-1 si è dimostrato una strategia promettente nella lotta contro il cancro in esperimenti su animali, e nel 2012 un importante studio ha dimostrato una chiara efficacia nel trattamento di pazienti con diversi tipi di cancro, portando ad una remissione a lungo termine e a una possibile cura anche in malati con cancro metastatico. I vincitori del premio Nobel 2018 per la medicina, hanno stabilito un principio completamente nuovo per la terapia del cancro. E che promette importanti risultati contro un “male” che ancora oggi continua ad uccidere ogni anno milioni di persone.
Le ricerche di Allison e Honjo hanno così permesso di affiancare alle terapie contro il cancro già disponibili – chirugia, radioterapia, chemioterapia e terapia ormonale – anche l’immunoterapia.
“Una bella notizia – il commento di Giuseppe Novelli, genetista e rettore dell’università Tor Vergata di Roma – che premia uno dei filoni più attuali della ricerca: l’immunologia molecolare che, insieme alla genetica molecolare, sta cambiando il mondo. Si tratta di due discipline che vanno a braccetto: non puoi studiare l’immunologia molecolare se non conosci i geni chiave. In questi anni abbiamo registrato un continuo aumento delle conoscenze del Dna, e questo sta innegabilmente cambiando il volto della medicina”.
Fino all’arrivo di queste scoperte, i progressi nello sviluppo clinico delle immunoterapie erano stati modesti: la terapia dei “checkpoint immunitari”, così è stata ribattezzata la nuova strada inaugurata da Honjo e Allison, ha dunque rivoluzionato il trattamento del cancro e cambiato radicalmente il modo in cui i clinici gestiscono oggi questa patologia.