I ricercatori del Dipartimento di Biologia cellulare, computazionale e integrata (Cibio) dell’Università di Trento hanno descritto un nuovo meccanismo patologico alla base della malattia di Parkinson che potrebbe in futuro essere utilizzato in chiave terapeutica anche per le patologie non genetiche della terza età. Lo studio, coordinato da Giovanni Piccoli e pubblicato sulla rivista “Brain”, si è incentrato su una rara forma ereditaria della malattia, ed è stato possibile grazie al il supporto del programma carriere della Fondazione Telethon, l’Istituto Telethon Dulbecco.
Il gruppo di ricerca si è occupato di studiare il ruolo dell’enzima Nsf, uno dei bersagli della proteina Lrrk2 quando presenta la mutazione G2019s (responsabile di circa il 10% delle forme genetiche di Parkinson). La mutazione aumenta l’attività di fosforilazione della proteina, inducendo alla formazione di aggregati proteici. “Una volta fosforilato, Nsf precipita e forma aggregati proteici che, a lungo andare, danneggiano le cellule nervose anche in aree cerebrali cruciali per memoria e apprendimento”, spiegano le ricercatrici Francesca Pischedda e Maria Daniela Cirnaru.
Alla luce dei risultati, i ricercatori hanno individuato nell’autofagia il possibile meccanismo di eliminazione degli aggregati proteici tossici. “Ci siamo concentrati su uno zucchero naturale, il trealosio, che si è dimostrato efficace nel ridurre l’aggregazione proteica. La possibilità di stimolare l’autofagia, non solo nel Parkinson ma anche in altre malattie neurodegenerative, rappresenta quindi una strategia terapeutica promettente”, conclude Piccoli. (ANSA).
Fonte Ansa.it