Il test del genoma può evitare la chemioterapia nella maggior parte delle donne che si trovano in postmenopausa e che hanno un tumore della mammella in stadio iniziale, con linfonodi positivi. È quanto emerge da una ricerca che sarà presentata in sessione plenaria al “San Antonio Breast Cancer Symposium”. La ricerca (condotta dallo Swog Cancer Research Network), ha coinvolto 5.083 donne.
Le pazienti sono state sottoposte a un test genomico in grado di stabilire, in base a uno specifico punteggio, quanto la neoplasia è aggressiva e la risposta alla chemioterapia. Il 91,9% delle donne in postmenopausa trattate con la sola terapia ormonale, a 5 anni, era vivo e libero da malattia invasiva, senza differenze significative rispetto alle pazienti che hanno ricevuto anche la chemioterapia (91,6%) dopo l’intervento.
“Circa il 25% delle pazienti con carcinoma mammario in fase iniziale, che esprime i recettori estrogenici ma non la proteina Her2, ha una malattia che si è diffusa ai linfonodi e due su tre sono in postmenopausa. La maggioranza attualmente riceve la chemioterapia dopo l’intervento – afferma Saverio Cinieri, presidente eletto dell’Aiom, l’Associazione italiana di oncologia medica – L’obiettivo del trattamento adiuvante, cioè successivo alla chirurgia, è offrire a ogni paziente con carcinoma mammario in fase precoce le migliori possibilità di cura”.
“I test genomici – prosegue – sono uno strumento estremamente importante nella scelta del trattamento per le donne che, in base alle caratteristiche anatomopatologiche e cliniche, sono in una sorta di ‘zona grigia’, in una fase in cui non si può includere o escludere con certezza la chemioterapia rispetto alla sola terapia ormonale”.
Fonte Ansa.it