(ANSA) – ROMA, 05 OTT – In Italia, ogni anno, ci sono circa
3.400 nuovi casi di leucemia linfatica cronica, un tumore del
sangue che colpisce i linfociti B. È una malattia che colpisce
il 30% dei pazienti affetti di leucemia e che per un caso su due
non è attiva, è senza sintomi e può far condurre una vita
normale. Proprio per cercare di spiegare che un futuro di
progetti è ancora possibile, parte oggi la campagna nazionale “La leucemia linfatica cronica nella mia vita, un futuro da
vivere” realizzata con il sostegno di AstraZeneca e il
patrocinio di Ail, l’Associazione italiana contro leucemie,
linfomi e mieloma. Il progetto prevede una sezione dedicata
all’interno del sito Ail.it con diversi contenuti: un video
emozionale, podcast in 3 puntate con le voci dei pazienti e dei
loro caregiver, quattro video interviste con clinici e un
instant book. “La leucemia linfatica cronica”, spiega Francesca
Mauro, professore associato dell’Istituto di Ematologia,
dell’Università Sapienza “ha un andamento clinico molto
eterogeneo: la maggioranza dei pazienti non presenta sintomi,
arriva alla diagnosi in seguito a controlli eseguiti per altri
motivi e rimane stabile per anni senza necessità di terapia”.
Per Antonio Cuneo, direttore dell’Unità operativa di ematologia
dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Ferrara, “i segni, di
solito, sono rappresentati da ingrossamento dei linfonodi,
anemia e piastrinopenia con febbre, sensazione di affaticamento
e perdita di peso e, quando sono presenti, indicano
l’opportunità di iniziare la terapia. La tradizionale
immuno-chemioterapia è ancora efficace ma solo in alcuni casi.
La revisione delle linee guida europee però ha ridotto i
pazienti candidabili a questo approccio, per cui le terapie
mirate sono destinate a diventare sempre più lo standard di
cura, garantendo un’efficacia ed una tollerabilità molto
elevate, fondamentali per questi pazienti ‘cronici'”.
Sergio Amadori, presidente nazionale Ail, spiega che “la
leucemia linfatica cronica è tipica dell’età più avanzata, il
40% delle diagnosi è effettuato oltre i 75 anni e solo il 15%
entro i 50. Nella gran parte dei casi la malattia progredisce
lentamente e, nei pazienti più anziani, over 75, può essere
difficile riscontrare una differenza dell’aspettativa di vita
rispetto alla popolazione generale”. “Il progetto – aggiunge –
si articola in un percorso motivante e interattivo”. (ANSA).
Fonte Ansa.it