Al momento del ritiro degli esiti degli esami del sangue corriamo subito a cercare l’eventuale presenza dell’«asterisco» sul valore incriminato. Stiamo parlando del colesterolo, una molecola fondamentale per la vita, ma che se presente in elevate quantità può trasformarsi nel nemico numero uno per le nostre arterie.
Modificando i comportamenti a rischio e assumendo farmaci specifici, oggi è possibile abbassarne il livello quasi sempre con successo. La ricerca, comunque, è tutt’altro che ferma: per i casi più gravi il futuro è nella terapia genica con l’utilizzo dell’ormai famosa tecnica nota come Crispr che «taglia e incolla» il Dna, riparandolo. Un recente studio effettuato sui macachi ha dimostrato che, spegnendo i geni Pcsk9 e Angptl3, è possibile ridurre drasticamente e in via definitiva i livelli di colesterolo.
Il ruolo della molecola
Nel corpo umano la presenza dei lipidi è di fondamentale importanza. Molte strutture della cellula, infatti, sono composte dai grassi come fosfolipidi, trigliceridi e colesterolo. In particolare quest’ultimo è importante per la sintesi della membrana cellulare, della bile e anche di alcuni ormoni. Se non lo introduciamo attraverso la dieta il nostro corpo è comunque costretto a produrlo.
A partire dagli Anni 60 sempre più numerosi studi hanno mostrato che più sono elevati i suoi livelli è maggiore è il rischio di malattie cardiovascolari. In particolare il colesterolo noto come Ldl, quello comunemente chiamato «cattivo», accumulandosi a livello delle arterie, contribuisce notevolmente allo sviluppo di infarti e ictus. In realtà ad essere pericoloso non è il colesterolo in sé. Come tutti i grassi non è solubile nel sangue e per essere trasportato ha bisogno di associarsi a delle proteine. E’, piuttosto, il legame con le Ldl, una particolare classe, a renderlo nocivo. Abbassarne i livelli è quindi il modo migliore per allontanare il rischio ed evitare che questi fenomeni, quando si sopravvive, si ripetano.
Un obbiettivo tutt’altro che facile, tuuttavia, soprattutto in questo secondo caso. Secondo lo studio «Da Vinci» presentato la scorsa settimana al congresso «Esc» («European Society of Cardiology»), sono ancora troppo pochi (il 39%) i pazienti che dopo un infarto oppure dopo un ictus raggiungono i valori di colesterolo Ldl consigliati per evitare un secondo episodio.
Una strategia per gradi
Come fare dunque per ridurre i livelli? Può bastare la sola dieta oppure occorrono sempre dei farmaci? In linea generale la quantità di colesterolo limite entro il quale si deve intervenire è in funzione al rischio cardiovascolare individuale. Se una persona presenta infatti un rischio molto basso, ma ha livelli di colesterolo alto, non necessariamente dovrà iniziare subito con un trattamento farmacologico. In questi casi, per lo più, è sufficiente un aggiustamento della dieta e anche un po’ di regolare attività fisica. Farmaci che diventano invece indispensabili in caso di rischio elevato. Ad oggi le molecole autorizzate nel trattamento dell’ipercolesterolemia appartengono principalmente alla categoria delle statine.
Statine sì o no
In alcuni casi, però, tutto ciò non basta. E’ questo il caso, ad esempio, di chi soffre di ipercolesterolemia familiare, una patologia di origine genetica che nella sua forma meno grave affligge una persona su 200. Nei casi più gravi, invece, gli eventi cardiovascolari si manifestano già a partire dall’infanzia. Nella malattia ad essere alterato è un gene che produce un recettore capace di «catturare» il colesterolo circolante a livello sanguigno e trasportarlo all’interno della cellula.
Tra i vari attori della regolazione di questo processo c’è la proteina nota Pcsk9. Ad inizio degli Anni 2000 si è scoperto che, quando per un difetto genetico è prodotta in quantità troppo scarse, i livelli di colesterolo sono bassi. In particolare questa proteina è implicata nel trasporto e nella distruzione dei recettori che catturano il colesterolo. Partendo da questa evidenza, gli scienziati hanno sviluppato delle molecole specifiche -i farmaci anti-Pcsk9 – capaci di contrastarne la funzione, con l’obbiettivo di aumentare la disponibilità di questi recettori capaci di catturare il colesterolo. Alcuni sono già in commercio (alirocumab ed evolocumab) e diversi studi – ultimi in ordine di tempo quelli presentati proprio al congresso «Esc» – hanno mostrato l’efficacia nel ridurre i livelli di colesterolo, specialmente nelle persone che avevano già avuto un infarto.
Spegnere i geni
Ma se questi approcci sono già una realtà concreta, in futuro la soluzione definitiva potrebbe essere rappresentato dall’editing genetico con la tecnica Crispr. Anche in questo caso il target è rappresentato dalla proteina Pcsk9. Potendo «spegnere» con Crispr il gene che la produce, il risultato finale è un abbassamento dei livelli di colesterolo Ldl. Sperimentato già a livello animale nelle scimmie, un recente studio presentato al meeting dell’«International Society for Stem Cell Research» ha dimostrato che è possibile ridurre fortemente i livelli di Ldl di quasi il 60%.
Ecco un primo passo verso la terapia genica dell’ipercolesterolemia.
Fonte www.lastampa.it