Il cervello si nutre. Letteralmente: ha fame e sete. Oltre che influire sulle arterie, sullo stomaco, sulla pelle e sul cuore, il cibo che ingeriamo ha un’influenza fondamentale anche sul cervello. Vediamo quale gli fa bene
Il cervello si difende dal rischio Alzheimer e resta lucido e reattivo più a lungo anche grazie a quello che ingeriamo quotidianamente. Lo afferma Lisa Mosconi, neuroscienziata di origini italiane e vicedirettrice della Clinica per la prevenzione dell’Alzheimer presso il Weill Cornell Medical College/NewYork-Presbyterian Hospital. Ha infatti appena pubblicato il libro: “Nutrire il cervello – Tutti gli alimenti che ti rendono più intelligente”.
Ma quali sono i cibi giusti da inserire nella dieta? Mosconi intervistata da Focus lo spiega
Se tutti siamo ben coscienti di quali cibi ci piacciano e quali no, il palato non dev’essere l’unico ad essere soddisfatto. Ci sono anche cibi che aiutano i muscoli a crescere, cibi che ci danno più energia, altri – importantissimi – che aiutano il cervello a lavorare, a resistere all’invecchiamento e a prevenire le malattie degenerative, come l’Alzheimer.
Si tratta di elementi facili da reperire, ma sovente trascurati. In primis l’acqua. «Oltre l’80% del contenuto del nostro cervello è composto di acqua», spiega Mosconi. «Ogni reazione chimica che ha luogo nel cervello ne ha bisogno, compresa la produzione di energia nel cervello. Niente acqua, niente energia. E anche una minima perdita di acqua, come una diminuzione del 3-4%, può causare sintomi neurologici come mente annebbiata, affaticamento, vertigini e confusione. Non solo: gli studi di imaging cerebrale hanno dimostrato che la disidratazione lieve (subclinica) fa restringere il cervello e perdere volume. Ecco perché abbiamo bisogno di bere molto per il nostro cervello». I tipici 8 bicchieri (1,5 litri) al giorno sono un buon inizio.
E lo zucchero? Un vecchio spot pubblicitario recitava “il cervello ha bisogno di zucchero”. Poi però, soprattutto quello bianco, è stato demonizzato. Invece, anche lo zucchero serve: «Quando il cervello ha bisogno di energia, si basa esclusivamente sul tipo di energia rapida dei carboidrati (gli zuccheri semplici) e in particolare uno zucchero specifico chiamato glucosio. Il 99% dell’energia cerebrale deriva dal glucosio in condizioni fisiologiche normali. Inoltre, il glucosio è il substrato di molti neurotrasmettitori (i messaggeri chimici del nostro cervello)».
Meglio però le fonti naturali di glucosio, come cipolle e rape. Il miele e lo sciroppo d’acero sono fonti naturali più evidenti (ed eccellenti), come lo sono vari frutti quali i kiwi, l’uva e i datteri. Ma c’è anche “la caramella della natura”, la barbabietola rossa. Soltanto una piccola barbabietola rossa contiene il 31% di tutto il glucosio necessario per la giornata”.
Il pesce poi, dovrebbe essere assunto tutto l’anno almeno tre volte a settimana per il suo contenuto di acidi grassi polinsaturi e per la sua alta digeribilità. Meglio scegliere il pesce azzurro: è meno caro e contiene più omega 3. Se si dice ai bambini di mangiare pesce perché contiene fosforo, la vera ragione per cui fa bene al nostro cervello è un’altra: «Il pesce grasso dei mari freddi è il cibo numero uno per il cervello – spiega Mosconi – a causa del suo alto contenuto di acidi grassi omega-3, in particolare di un tipo specifico chiamato Dha. Il 70% dei grassi di cui è composto il cervello, è composto da Omega-3 Dha. Questo grasso proviene esclusivamente dalla dieta, quindi abbiamo bisogno di consumarne abbastanza, su base regolare. Il salmone è una fonte eccellente, così come il pesce azzurro, lo sgombro, le sarde e le acciughe. La ricerca mostra che le persone la cui dieta aveva meno di 4 grammi di omega 3 al giorno avevano i più alti tassi di contrazione del cervello nel tempo e il più alto rischio di Alzheimer. Coloro la cui dieta quotidiana prevedeva 6 grammi o più, avevano il cervello più sano e giovane».
Persino i nostri batteri intestinali comunicano con le nostre cellule cerebrali e influenzando il nostro umore, la depressione e i livelli di ansia, quindi è importante mangiare cibi che supportino i batteri buoni. Spiega Mosconi: «La nostra salute dell’intestino dipende dal consumo regolare di cibi prebiotici e probiotici. I prebiotici sono letteralmente cibo per i buoni microbi del nostro corpo. Sono alimenti particolarmente ricchi di un tipo di carboidrati chiamati oligosaccaridi, i preferiti della flora intestinale e provengono da cibi che hanno un retrogusto leggermente dolce, come cipolle, asparagi, carciofi, carote e rape, ma anche da aglio, banane, avena e latte. Oltre ai prebiotici, i nostri microbi intestinali bramano cibi probiotici. Questi alimenti contengono batteri vivi (probiotici) che, dopo aver raggiunto l’intestino, reintegrano i batteri buoni. I probiotici sono naturalmente forniti da alimenti fermentati e coltivati, tra cui latte fermentato come yogurt e kefir e verdure come i crauti».
Secondo l’Università di Harvard, inoltre, le diete vegetariane e vegane possono essere sane, anche se a volte difettano di alcuni nutrienti come proteine, calcio, ferro e vitamina B12 (importante nei bambini per lo sviluppo neurologico). Molti di questi nutrienti si trovano in uova e latticini e da fonti vegetali, ma potrebbe essere necessario integrarli nella dieta.
Quali sono gli stili alimentari al mondo che maggiormente portano longevità?
Questo studio è rientrato negli ambiti della ricercatrice che ha scoperto che si tratta di diete ricche di nutrienti per almeno l’80% vegetale (vegetariane). «Per ciascuna di queste diete, il consumo regolare di verdure selvatiche e fresche è integrale», chiosa Mosconi. «Queste verdure sono dotate di un arsenale di vitamine, minerali e antiossidanti che le cellule cerebrali hanno bisogno per rimanere in salute e comunicative. La frutta fresca, raccolta matura dagli alberi, è un’eccellente fonte di dolcezza naturale che allo stesso tempo frena l’appetito per gli zuccheri raffinati. Noci e semi sono un altro alimento base di molte comunità centenarie, così come i cereali integrali locali, i fagioli e gli amidi, che forniscono un lento rilascio di carboidrati e fibre di supporto del cervello, riducendo il carico glicemico del pasto, evitando i picchi e gli sbalzi di zucchero. In particolare, le patate dolci sono i punti principali delle diete delle popolazioni più longeve».
Ma non è solo quello che si mangia a fare la differenza. «Un’altra lezione importante è che non si tratta solo di ciò che si mangia, ma anche di ciò che non si fa. Tutte le diete che gli studi e le ricerche collegano alla longevità sono caratterizzate da un consumo raro di carne rossa, zucchero e latticini».