Nonostante le mode, i testimonial e i racconti a cui viene data grande rilevanza mediatica, le diete basate sul digiuno intermittente – termine che racchiude numerose varianti – non porta a risultati migliori rispetto ad approcci più tradizionali finalizzati alla perdita di peso. Lo hanno ribadito, negli ultimi mesi, diverse società scientifiche, e ora lo conferma uno studio che, pur essendo stato effettuato su un campione relativamente piccolo, è stato protratto per un anno e consente quindi di trarre conclusioni che vanno al di là di qualche settimana.
I ricercatori dell’Università dell’Illinois hanno infatti selezionato una novantina di persone obese e le hanno suddivise in tre gruppi: il primo è stato assegnato al digiuno intermittente e poteva mangiare solo tra mezzogiorno e le 20; il secondo è stato destinato a un regime di restrizione calorica classica, con una diminuzione del 25% delle calorie quotidiane, assunte senza particolari limitazioni; il terzo è stato designato come gruppo di controllo, senza modifiche rispetto alla dieta abituale. Come riportato sugli Annals of Internal Medicine, dopo un anno si è visto che chi aveva seguito il digiuno intermittente aveva assunto in media 425 calorie in meno al giorno, mentre coloro che avevano effettuato la restrizione calorica 405 calorie in meno; la corrispettiva perdita di peso era stata di 4,61 e 5,42 chilogrammi, con un leggero vantaggio, non statisticamente significativo, quindi, per la restrizione delle calorie. Per quanto riguarda il metabolismo insulinico, invece, il digiuno intermittente è associato a parametri migliori rispetto alla restrizione calorica. Non sono emerse differenze dipendenti dal gruppo etnico di appartenenza, ma è risultato molto positivo il sostegno dato dai dietisti, che hanno accompagnato i partecipanti per tutto l’anno, in particolare visitandoli e aiutandoli con consigli e raccomandazioni inizialmente una volta alla settimana e poi, trascorsi i primi sei mesi, una volta ogni due…CONTINUA SU