avvocatoinprimafila il metodo apf

Interferenti endocrini, effetto cocktail e sicurezza alimentare: i casi degli ftalati e dei pesticidi che agiscono sulla tiroide

Quando si parla di sicurezza alimentare ed esposizione ad interferenti endocrini – sostanze che, appunto, interferiscono con il funzionamento del sistema endocrino e riproduttivo – uno dei temi più spinosi degli ultimi anni è sicuramente quello dell’effetto cocktail. Perché se ormai molte di queste sostanze sono state studiate singolarmente, si sa ancora poco sulle conseguenze dell’effetto combinato di miscele di interferenti endocrini sull’organismo umano. Per questo Alberto Mantovani dell’Istituto superiore di sanità ha riassunto su Open Access Government due esempi di come l’Autorità europea sulla sicurezza alimentare (Efsa) sta cercando di affrontare questo tema.

Nel 2019, l’Efsa ha valutato la sicurezza di cinque ftalati comunemente usati nei materiali a contatto con gli alimenti (Moca), scoprendo che tre di essi  – di-butilftalato (Dbp), butil-benzil-ftalato (Bbp) e bis(2-etilesil)ftalato (Dehp) – sono chiaramente degli interferenti endocrini. Un altro ftalato, il di-isononilftalato (Dinp), causa dei disturbi ormonali al feto durante la gravidanza. Per via del rischio concreto di esposizione quotidiana a una miscela di queste quattro sostanze, è stata stabilita una dose giornaliera tollerabile cumulativa di 0,05 mg/kg di peso corporeo.

A questo punto, la domanda che sorge spontanea è: esiste il rischio di superare questo limite? Secondo i dati scientifici attualmente disponibili, è ancora troppo presto per dirlo. Si stima che, attraverso la dieta, l’esposizione cumulativa agli ftalati interferenti endocrini non superi al massimo il 23% della dose giornaliera tollerabile. Tuttavia, il cibo è solo una delle vie attraverso cui entriamo in contatto con questi composti e, secondo una valutazione dell’Agenzia europea delle sostanze chimiche (Echa) del 2017, il contributo degli alimenti nelle donne può rappresentare fino al 25% dell’esposizione totale agli ftalati interferenti endocrini. Per questo motivo, secondo Efsa non è possibile escludere il superamento del limite in alcune donne in età fertile, categoria a rischio, perché la tossicità di queste sostanze si manifesta soprattutto in gravidanza.

Nel 2020, l’Efsa ha poi pubblicato una valutazione del rischio su pesticidi e tiroide. In questo caso sono stati identificati due gruppi di sostanze di cui valutare l’esposizione cumulativa sulla base degli effetti che esercitano su quest’organo. Il  primo, quello più numeroso, comprende 128 pesticidi associati all’ipotiroidismo, il secondo raggruppa 17 composti correlati a iperplasia delle cellule C, ipertrofia e tumore della tiroide.

Utilizzando i dati raccolti dagli stati membri tra il 2014 e il 2016 e quelli sul consumo di alimenti di 10 popolazioni europee, gli esperti hanno determinato che l’esposizione cumulativa ai pesticidi che hanno effetti sulla tiroide non supera la soglia stabilita. Tuttavia, la valutazione dell’Efsa non ha incluso l’etilentiourea, un potente interferente endocrino ad azione tireostatica, cioè in grado di inibire la funzione della tiroide, perché non era monitorato di routine. Manca anche un’analisi degli effetti sullo sviluppo mediati dalla tiroide associati a pesticidi: in questo caso, per insufficienza di dati, non è stato nemmeno possibile individuare un gruppo di sostanze da valutare collettivamente. Insomma, si fanno progressi, ma c’è ancora tanto da lavorare.

 

 

FONTE: https://ilfattoalimentare.it/interferenti-endocrini-ftalati-pesticidi.html

Exit mobile version