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Novità nel campo della longevità: la proteina Klotho e il suo potenziale anti-invecchiamento

Oggi sappiamo che un deficit di Klotho può avere conseguenze gravi per noi

L’’attività fisica sembra essere un vero toccasana per Klotho. In particolare, l’esercizio fisico moderato aumenta i livelli della proteina.

Era l’ormai lontano 1997 quando un ricercatore giapponese, Makoto-Kuro, pubblicava sulla rivista Nature la scoperta del gene Klotho (Kl) come fattore anti-aging nei topi. I risultati parlavano chiaro: topi caratterizzati da un deficit di Klotho mostravano una serie di caratteristiche fenotipiche a livello multisistemico correlate a invecchiamento precoce; al contrario, elevati livelli di espressione del gene, e quindi della proteina Klotho, sembravano promuovere la longevità e l’invecchiamento in salute [1].

Su cosa influisce Klotho
Sono passati 27 anni e numerosi articoli scientifici hanno confermato la scoperta di Makoto-Kuro e esteso le sue implicazioni alla salute dell’essere umano. Oggi sappiamo che un deficit di Klotho può avere conseguenze gravi per noi, in primis perché aumenta il rischio di molte malattie: renali, ipertensione/aterosclerosi, osteoporosi, cataratta, demenza, cancro. La lista è lunga.

Chiaramente, abbiamo a che fare con una proteina che ci protegge da tante patologie.

Cosa sappiamo di Klotho
Nonostante l’enorme mole di lavoro, ancora non sappiamo come usare Klotho per prevenire queste malattie, invecchiare bene o addirittura ringiovanire. Per un semplice motivo. Klotho è una proteina e come tale è molto difficile da impiegare come farmaco. Ma forse non sarà necessario aspettare l’arrivo di una “Klotho farmacologica”, perché nel frattempo abbiamo imparato a misurarla e stiamo imparando come attivare il suo gene aumentando il livelli di Klotho nel sangue.

Cos’è alpha-Klotho e dove si trova
Conosciamo tre forme diverse di Klotho: alpha, beta e gamma. Quasi sempre quando sentite parlare di Klotho si parla della forma alpha (α-Klotho). Alpha-Klotho è espressa principalmente nel rene e può esistere in forma transmembrana (si chiamano così le proteine che attraversano la membrana della cellula funzionando da gancio per altre proteine), oppure in forma solubile. La forma transmembrana funge da gancio (co-recettore) per una molecola molto importante chiamata FGF23 (fibroblast growth factor-23), un fattore di crescita prodotto a livello delle ossa, che inibisce la sintesi della vitamina D e che favorisce l’escrezione dei fosfati e il riassorbimento di calcio e di sodio.

Le funzioni delle forme solubili di alpha-klotho
Le forme solubili, invece, hanno azioni multiple anche su organi distanti da quello che le produce esercitando un effetto antiossidante, antinfiammatorio e anti-invecchiamento a livello di diversi organi. Le forme solubili sono state trovate in numerosi fluidi biologici, tra cui sangue, urine e liquido cefalorachidiano. I molteplici effetti protettivi mediati dalle forme solubili di Klotho sono principalmente dovuti all’inibizione o al blocco di molecole come il TGF-β (che si traduce nel contrasto di processi associati a fibrosi polmonare, renale e cardiaca), l’IGF-1 (mantenimento dell’ omeostasi metabolica), NF-κB (riduzione dell’inflammaging
“Infiammazione cronica di basso grado” o inflammaging, e cioè uno stato di infiammazione organica di bassa intensità ma costante (associato all’aumento di alcune proteine, le citochine infiammatorie) che provoca danni all’organismo.
), e Wnt/β-catenina (una proteina con ruolo di oncosoppressore). In questo modo, Klotho contribuisce al mantenimento di un buono stato di salute andando a contrastare l’insorgenza di molte patologie età-correlate, compresi i tumori.

Nell’essere umano, α-Klotho è codificata dal gene Kl ed è espressa principalmente a livello dell’encefalo (plessi coroidei) e nel rene (tubuli distali), oltre che nel pancreas, nel tessuto osseo e nelle cellule del sangue.

I test che misurano alpha-Klotho
Lo sviluppo di test che misurano α-Klotho nel sangue è cosa recente. Ne abbiamo uno a disposizione, che misura la proteina α-Klotho, e un secondo in fase di sviluppo che misura i livelli di espressione del suo gene Kl. Quando un gene si esprime bene, i livelli di proteina nel sangue aumentano. Parliamo di test utilizzati nella ricerca clinica, e non ancora validati su grandi numeri, ma potenzialmente molto utili per sapere se una persona ha livelli ottimali o meno della proteina.

I meccanismi epigenetici che regolano l’espressione di alpha-Klotho
In linea generale l’espressione di α-Klotho è regolata da diversi meccanismi epigenetici, tra cui la metilazione del DNA. Diversi studi hanno evidenziato che l’ipermetilazione del gene Kl è associata a silenziamento del gene, e che questo processo è associato all’invecchiamento e a diverse malattie età-correlate. In uno studio condotto su pazienti con malattie cardiovascolari, è stato osservato che l’ipermetilazione e una ridotta espressione del gene Kl (misurate nel sangue venoso) sono associate ad aterosclerosi e infiammazione [3].

Inoltre, aumentati livelli di metilazione di Kl nel sangue periferico e nel tessuto renale sono stati associati a una maggiore gravità di malattia renale cronica [4]; allo stesso modo, si è osservato un incremento della metilazione di Kl in associazione a danno renale indotto dall’esposizione a cadmio [5]. L’ipermetilazione e la conseguente ridotta espressione di Kl sono state associate anche al rischio di cataratta con l’avanzare dell’età [6], oltre che a una cattiva prognosi di tumore ovarico [7] e carcinoma a cellule squamose della testa e del collo [8].

I test genetici per i polimorfismi di Klotho
Abbiamo anche a disposizione test genetici che rilevano la presenza di varianti geniche (chiamate “polimorfismi”, abbreviato SNP) associate all’invecchiamento e a diverse patologie età-correlate. Tra i più studiati figura l’“aplotipo KL-VS”, che è associato a longevità se presente in eterozigosi (due varianti diverse sui due cromosomi, quello materno e quello paterno). Diversi studi hanno evidenziato un’associazione tra alcuni SNP del gene Kl e patologie a livello del sistema cardiovascolare e metabolico.

È pertanto chiaro che, nel caso di Klotho, una persona può essere più o meno avvantaggiata dalla genetica. Saperlo ci può aiutare a interpretare l’insieme della sua storia clinica e a intensificare gli interventi che sappiamo avere una certa efficacia su Klotho.

È davvero possibile misurare la proteina Klotho?
Sulla base di tutte queste conoscenze, cosa è possibile fare? I media ha dato molto rilievo a Klotho negli ultimi mesi, e quando ci si trova di fronte a notizie come questa la prima cosa è riferirsi a un medico per chiedere consiglio, sapendo che i tre tipi di test che ho descritto sono ancora in fase sperimentale e accessibili solo in pochi laboratori in Italia, così come sono pochi i medici che li sanno interpretare.

Il dosaggio della proteina può in effetti rilevare la presenza di un deficit di Klotho così come il test che misura la metilazione del gene Kl può dare un segnale di allarme molti anni prima che i livelli della proteina nel sangue si riducano. L’interpretazione dei risultati deve però sempre essere contestualizzata alla storia clinica della persona.

Occorre inoltre tenere presente che non abbiamo ancora a disposizione una mole sufficiente di dati che ci permettano di predire i livelli ottimali di Klotho per una persona in buona salute. Il test che misura la proteina nel sangue diventa però molto utile per monitorare nel tempo l’efficacia delle terapie comportamentali o altro.

In altre parole, non è la fotografia del momento che conta ma la sua evoluzione nel tempo.

Come intervenire? Il ruolo di dieta, movimento, stress, sonno, socialità, sostanze nocive
Detto questo, la domanda è: “come interveniamo?”. Partiamo da una considerazione: la longevità in salute si basa su sei pilastri riconosciuti dalla scienza: la nutrizione, l’attività fisica, la gestione dello stress, la qualità del sonno, le connessioni sociali, la non-esposizione a sostanze tossiche (fumo, alcool, droghe). Per tutti questi pilastri abbiamo a disposizione dati che correlano i livelli di Klotho con l’adozione del comportamento virtuoso. Alcuni esempi: uno studio americano su più di 8.000 soggetti ha dimostrato una correlazione fra una dieta sana (definita come “healthy eating index” HEI) e i livelli di Klotho. Un altro studio ha dimostrato la stessa correlazione con l’adozione della dieta mediterranea (ricca di frutta, verdura, pesce, olio di oliva). Un terzo studio ha dimostrato un’associazione fra l’alto consumo di noci e i livelli di Klotho. In linea generale le diete ricche in antiossidanti come la Vitamine A, C e E, il manganese, il selenio e lo zinco, tendono a elevare i livelli di Klotho.

L’’attività fisica sembra essere un vero toccasana per Klotho. In particolare, l’esercizio fisico moderato aumenta i livelli della proteina.

La gestione dello stress è fondamentale. Lo stress stimola la produzione di cortisolo che a sua volta agisce in modo negativo su molti sistemi fisiologici. Klotho sembra funzionare in modo opposto al cortisolo ma a sua volta è soppressa dallo stress.

Gestire lo stress è pertanto fondamentale se si vuole mantenere livelli ottimali di Klotho.

Parlando del sonno, abbiamo dati che dimostrano l’associazione fra durata e qualità del sonno e livelli di Klotho (la durata ottimale è posizionata appena sotto le 8 ore). L’ipersonnia per esempio sembra avere un effetto negativo su Klotho. Un altro studio ha dimostrato, in soggetti di media età sedentari, una forte correlazione fra i livelli di Klotho e il desiderio sessuale.

È possibile aumentare i livelli di Klotho con l’integrazione nutrizionale?
Parlando invece di integrazione nutrizionale, abbiamo a disposizione alcuni dati preliminari ma incoraggianti su molecole come la Vitamina D, la curcuma, il ginseng e il resveratrolo
Principio attivo di origine naturale con riconosciute capacità antiossidante (polifenolo stilbene). Si trova in piante come la vite ed in frutti come cacao e more, o, meglio, il suo analogo: la polidatina. Questo perché il resveratrolo non ha la possibilità di entrare nelle cellule mentre la polidatina, che altro non è che il resveratrolo con uno zucchero attaccato, sfrutta il recettore del glucosio presente su tutte le cellule umane. Uno studio pubblicato da ricercatori taiwanesi ha dimostrato che il resveratrolo attiva una molecola chiamata ATF3 che a sua volta induce la produzione di Klotho…continua su 

 

FONTE https://solongevity.com/longevity-

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