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Olio extravergine, fibre solubili di frutta e verdura cotte, pesce e carni magre: ecco i cibi “amici delle MICI”

Gli esperti: “più attenzione alla flora batterica per stare bene con gusto”

L’alimentazione ha un ruolo cruciale nella gestione delle MICI”, spiega Salvo Leone, Direttore Generale di AMICI Italia, “Nella colite ulcerosa e malattia di Crohn l’infiammazione cronica dell’intestino comporta sintomi come dolore addominale, diarrea, perdita di peso, fatica: si tratta di malattie trattabili con una combinazione di terapie mediche, cambiamenti nello stile di vita e strategie alimentari adeguate, perciò una valutazione corretta dello stato nutrizionale e un supporto per le corrette indicazioni alimentari sono imprescindibili. Per chi soffre di colite ulcerosa e malattia di Crohn adottare una dieta appropriata può fare la differenza tra il benessere e il disagio: le scelte alimentari possano influenzare direttamente i sintomi e la qualità della vita dei pazienti, che devono essere supportati e orientati per saper scegliere i cibi da preferire o evitare nelle diverse fasi di malattia, durante le riacutizzazioni e nei periodi di remissione. Inoltre l’educazione alimentare è fondamentale per garantire una migliore comprensione delle necessità nutrizionali specifiche dei pazienti con MICI: un piano alimentare ben progettato può spesso favorire il recupero e aiutare a prevenire le carenze nutrizionali purtroppo comuni nei pazienti”.

Per aiutarli nelle scelte a tavola, gli esperti hanno raccolto in un decalogo le ‘regole base’ della dieta nelle fasi in cui le MICI non danno sintomi e gli accorgimenti da seguire in caso di riacutizzazioni. Si tratta di indicazioni generali, che devono essere personalizzate dal medico in base alle esigenze specifiche del singolo paziente. Per individuare i cibi ‘sì’ e quelli che invece favoriscono la comparsa dei sintomi, per esempio, gli esperti di ANMICI Italia raccomandano a tutti di tenere un diario alimentare così da capire gli alimenti difficili da tollerare e quelli che invece danno benessere, perché possono essere molto diversi fra i vari pazienti e perché senza fare sufficiente attenzione è possibile finire per escludere cibi tutt’altro che pericolosi, costringendosi a seguire diete squilibrate, ripetitive, poco sane e gustose.  “Rinunciare a intere categorie di alimenti e privarsi inutilmente di alcuni cibi può provocare carenze nutrizionali e perfino portare a galla veri e propri disturbi del comportamento alimentare”, specifica Maria Cappello, Responsabile dell’Ambulatorio dedicato alle IBD della UOC di Gastroenterologia ed Epatologia del Policlinico di Palermo,  “Le raccomandazioni dietetiche sono perciò essenziali per i pazienti con MICI, che in assenza di indicazioni chiare spesso adottano restrizioni senza alcun razionale clinico né basate su evidenze scientifiche, frutto del passaparola o di quanto viene letto sul web e sui social, esponendosi a molti rischi. Le indicazioni devono essere personalizzate e modulate in relazione alla fase di malattia, attiva o in remissione, complicata o no, senza dimenticare che l’alimentazione è anche convivialità, piacere della tavola. È importante che i pazienti non perdano questo aspetto del nutrirsi”.

Mangiare significa anche condividere tempo con gli altri, provare piacere attraverso il gusto: la dieta ha perciò un ruolo importante nel benessere psicologico e relazionale”, aggiunge Camilla Fiorindi, dietista all’Azienda Ospedaliero-Universitaria dell’Ospedale Careggi di Firenze. “La funzione edonistica dell’alimentazione spesso viene meno nelle persone con MICI, che hanno difficoltà a scegliere cosa mangiare e a seguire una dieta varia ed equilibrata a causa dei loro sintomi. Secondo dati recenti, la maggior parte dei pazienti con MICI non ha ricevuto alcun consiglio dietetico: il supporto di un professionista della nutrizione è invece fondamentale in tutte le fasi della malattia, per mantenere un adeguato stato nutrizionale ma anche per guidare il paziente nelle scelte alimentari quotidiane promuovendo un maggior qualità di vita grazie a un’alimentazione buona e sana, basata sui principi della dieta mediterranea e ricca di alimenti naturali e stagionali. Un’alimentazione bilanciata e salutare svolge un ruolo fondamentale nell’equilibrio del microambiente intestinale, tanto da influenzarne la composizione e il corretto funzionamento. Proprio il progressivo abbandono della dieta mediterranea a favore di un’alimentazione ‘occidentale’ ricca di grassi saturi, carboidrati semplici raffinati e cibi industriali pare aver cambiato la composizione del microbiota intestinale con un effetto pro-infiammatorio, contribuendo in maniera rilevante all’incremento dell’incidenza e della prevalenza delle MICI”.

L’aumento dei casi si sta registrando in tutto il Paese, dove si stima ci siano circa 270.000 pazienti con MICI”, afferma Ambrogio Orlando, componente del comitato medico scientifico AMICI Italia e responsabile U.O.S.D. M.I.C.I. Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti “Villa Sofia-Cervello” di Palermo. “L’incidenza è in crescita e queste malattie coinvolgono soprattutto giovani nel pieno della loro attività produttiva, comportando perciò un peso socio-economico elevato e con conseguenze negative amplificate dai frequenti ritardi nella diagnosi e dalla scorretta e/o tardiva applicazione delle terapie più moderne ed efficaci oggi disponibili per queste malattie. Prevenirle, diagnosticarle in tempi rapidi e gestirle al meglio con le terapie e anche con un’adeguata alimentazione è fondamentale per migliorare la qualità di vita di tutti i pazienti”.

Il decalogo per la dieta amica dell’intestino nei pazienti con MICI 

Nelle fasi di ‘calma’ della malattia

1. Preferire le proteine magre del pesce, che fornisce i grassi ‘buoni’ omega-3, e del pollame, cucinate in maniera semplice; sì anche ai tagli magri del manzo e alle uova

2. Assicurarsi un buon apporto di fibre solubili da frutta e verdura, meglio ancora se cotte e senza buccia; se sono ben tollerate, si può incrementare un po’ l’introito di fibre includendo alcuni cibi più ricchi di quelle insolubili come la frutta secca o i cereali integrali come l’avena

3.  Utilizzare sempre l’olio extravergine d’oliva come condimento, limitando e se possibile eliminando il burro e altri grassi solidi

4. Scegliere preparazioni semplici, evitando le fritture o le pietanze molto elaborate, dando la precedenza a piatti con un numero limitati di ingredienti; acquistando cibi al supermercato, assicurarsi che siano privi di additivi come le maltodestrine, i solfiti, il biossido di titanio o di addensanti come la carbossimetilcellulosa e i carragenani

5. Bere acqua in abbondanza al posto di bibite zuccherate, alcol e bevande che contengono caffeina come tè o caffè

Nelle fasi acute e con sintomi

1. Il fabbisogno proteico aumenta nelle fasi di infiammazione: pesce, pollame, manzo in tagli magri possono essere consumati ma senza aggiungere grassi nella preparazione, così come le uova sode o il tofu

2. No ai cereali integrali e ai legumi, sì a pietanze ‘morbide’ che includano fonti di amido con meno di due grammi di fibre per porzione e a vegetali ben cotti, come il purè di patate o le mele cotte, o alla frutta morbida come le banane mature; da evitare i vegetali crudi, la frutta secca e i semi

3. Limitare tutti i grassi a parte l’olio d’oliva, di cui ci si possono concedere fino a otto cucchiaini da tè al giorno

4. Introdurre probiotici e prebiotici, calcio e vitamina D attraverso il consumo di latte scremato e semmai privo di lattosio

5. Mangiare più spesso e porzioni piccole, evitando sempre i cibi che sappiamo possono scatenare i sintomi e ricorrendo a eventuali supplementi su indicazione del medico

 

 

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