Come una capsula del tempo, un contenitore con campioni di rocce e suolo della Luna portato a Terra dalla missione Apollo 17 nel 1972 viene aperto solo adesso. Da 40 anni non accadeva niente di simile, ma la Nasa ha deciso adesso di utilizzare i campioni incontaminati per far esercitare i suoi ricercatori in vista delle future missioni sulla Luna previste dal programma Artemis.
Il contenitore, aperto nel Johnson Space Cente della Nasa a Houston, è un cilindro che contiene un campione del materiale che costituiscve il suolo lunare, chiamato regolite, raccolto nel dicembre 1972 dagli astronauti dell’Apollo 17 Jack Schmitt ed Eugene Cernan, l’ultimo uomo che finora ha camminato sulla Luna. Nel gennaio 2020 si prevede di aprire un secondo contenitore, con un campione raccolto dalla stessa coppia di astronauti.
L’iniziativa fa parte del progetto Apollo Next-Generation Sample Analysis (Angsa) della Nasa, che punta a studiare i campioni raccolti nel programma Apollo utilizzandoli con nuovi strumenti, che non erano disponibili negli anni ’70. “Oggi possiamo eseguire misure impossibili negli anni del programma Apollo”, rileva la geologa planetaria Sarah Noble, del programma Angsa. Oggi sono infatti disponibili tecniche che permettono di rilevare immagini 3D, la spettrometria di massa (scansione con atomi o molecole elettricamente carichi) e la microtomia ad altissima risoluzione (che taglia i campioni in sezioni ultrasottili) che consentono di studiare le rocce in modo molto dettagliato.
L’astronauta Eugene Cernan raccoglie i campioni di suolo lunare nella missione Apollo 17 (fonte: NASA)
“L’analisi di questi campioni consentirà nuove scoperte scientifiche sulla Luna e permetterà a una nuova generazione di scienziati di affinare le loro tecniche per studiare meglio i campioni che saranno raccolti dagli astronauti del programma Artemis”, osserva Francis McCubbin, del Johnson Space Center della Nasa.
L’esplorazione della Luna nell’ambito del programma Artemis, spiega la Nasa, prevede l’utilizzo di risorse lunari, incluso il ghiaccio d’acqua che può essere usato per produrre carburante o ossigeno, e lo studio dei campioni rimasti incontaminati può fornire informazioni sull’origine dei depositi di ghiaccio polare lunari, nonché su altre potenziali risorse per la futura esplorazione della Luna.