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Calce spenta per frenare l’acidificazione del Mediterraneo

Spargere calce spenta nel Mediterraneo, sfruttando la scia delle navi che attraversano il bacino, potrebbe frenare l’acidificazione delle acque rimuovendo dall’atmosfera ben 115 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno, pari a un quarto delle emissioni prodotte in Italia. A indicarlo sono i primi risultati del progetto di ricerca ‘Desarc-Maresanus’, condotto dal Politecnico di Milano e dal Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici con il supporto della società Amundi e la collaborazione della start-up CO2APPS.

“Molti gruppi di ricerca hanno studiato lo spargimento di sostanze alcalinizzanti nelle acque, ma noi siamo i primi ad avere elaborato una simulazione modellistica dettagliata, focalizzata sul Mediterraneo, per verificarne la fattibilità tecnica ed economica”, spiega il coordinatore del progetto Stefano Caserini, docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici presso il Politecnico di Milano.

Il modello matematico ha preso in esame le migliaia di navi container e portarinfuse che solcano ogni anno il Mediterraneo, per un totale di circa 9 milioni di ore di navigazione: sfruttando la loro scia, si potrebbero spargere 90 milioni di tonnellate di calce spenta (idrossido di calcio), che andrebbero a tamponare l’acidità delle acque mimando il processo naturale che avviene quando la pioggia dilava le rocce portando bicarbonati nel mare. L’innalzamento del pH permetterebbe al mare di assorbire più CO2 dall’atmosfera rimuovendone 115 milioni di tonnellate all’anno, con un costo netto di 60-90 euro per tonnellata di CO2 che in futuro potrebbe diventare competitivo.

“Dobbiamo ancora valutare come effettuare la dispersione di calce spenta in modo da non disturbare l’ecosistema marino – precisa Caserini – ma i risultati di questo primo anno di ricerche sono confortanti: ci dicono che l’alcalinizzazione del mare potrebbe funzionare, anche se da sola non sarà sufficiente ad affrontare la crisi climatica”.

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