Con i suoi crateri ricchi di acqua ghiacciata e i depositi di sali brillanti come diamanti, il pianeta nano Cerere potrebbe essere un corpo celeste ancora attivo. È una delle ipotesi che emerge dal volume ‘la composizione di Cerere’, uno speciale viaggio alla scoperta dei segreti della superficie del più massiccio dei corpi celesti della fascia degli asteroidi tra Marte e Giove. Edizione speciale della rivista Icarus, il volume è curato dalla ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) Francesca Zambon, insieme all’astronomo Thomas B. McCord, del Bear Fight Insititute a Winthrop, negli Stati Uniti.
Un testo che parla italiano: è infatti in gran parte basato sui dati raccolti dallo spettrometro italiano Vir (Visible and infrared mapping spectrometer), finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e realizzato da Leonardo per la sonda Nasa Dawn, la cacciatrice di asteroidi che ha visitato Cerere e l’asteroide Vesta, prima di andare in pensione il 2 novembre 2018.
Lo strumento italiano ha permesso per la prima volta di studiare la mineralogia di Cerere con un livello di dettaglio mai raggiunto prima, evidenziando ad esempio la presenza di ghiaccio d’acqua. “I risultati presentati nei 17 articoli del volume indicano che su Cerere l’acqua ha avuto un ruolo determinante nella sua evoluzione superficiale e interna”, ha spiegato Zambon. “Inoltre, le differenze riscontrate tra le diverse zone lasciano pensare che Cerere non sia del tutto uniforme e che ci sia materiale proveniente dagli strati più profondi che risalendo è rimescolato e riportato in superficie. Un’attività che – ha concluso la ricercatrice dell’Inaf – potrebbe ancora oggi non essere del tutto cessata”.