Da 39.000 a 190.000 casi nella zona di Wuhan, la grande città della Cina orientale dalla quale in dicembre è partita l’epidemia da coronavirus 2019-nCoV: sono questi i due principali scenari sull’evoluzione dell’epidemia, fra i primi finora elaborati e per questo relativi esclusivamente a Wuhan, resi noti dalla rivista Nature sul suo sito. La forbice che li separata è notevole e si deve alla differenza nei dati relativi al comportamento del virus, come quelli sui tempi di incubazione e soprattutto sul tasso di diffusione.
Lo scenario più ottimista è quello pubblicato dal MobsLab e coordinato dall’italiano Alessandro Vespignani, della Fondazione Isi di Torino e della Northeastern University di Boston. Si basa sulla considerazione di tre aree: la città di Wuhan con 10 milioni di abitanti, dove i casi potrebbero essere più di 13.200 (fra 9.800 e 17.600); nell’area metropolitana con 20 milioni di abitanti i casi potrebbero essere 26.200 (fra 19.200 e 34.800) e la provincia con 30 milioni di abitanti, dove i casi potrebbero essere in media 39.200 (da 28.600 a 52.000).
I ricercatori rilevano comunque che “c’è probabilmente un grande numero di casi non diagnosticati” e che “è importante sottolineare che la mancanza di dati dettagliati sull’epidemia del virus 2019-nCoV rende i modelli molto soggetti alle assunzioni e alle limitazioni circa i dati e i parametri sui quali si basano”.
Lo scenario più pessimista si deve al gruppo di ricerca coordinato da Jonathan M. Read, dell’Università britannica di Lancaster ed è pubblicato sul sito MedRxiv, che raccoglie articoli che non hanno ancora superato l’esame della comunità scientifica. I ricercatori partono dalla considerazione che il numero delle infezioni sia decisamente maggiore a quello finora osservato e che il tasso di diffusione del nuovo coronavirus, stimato attualmente fra 1,5 e 3,5, sia più alto, compreso fra 3,6 3 4,0: di conseguenza i casi potrebbero aumentare a 190.00 solo nell’area di Wuhan.