Nessun caso di infezione da coronavirus 2019-nCoV è stato finora confermato in Africa, ma l’intero continente è ad “alto rischio”: sta aumentando l’esigenza dei controlli dai numerosi voli in arrivo dalla Cina, conseguenza della fittissima rete di relazioni commerciali, e contemporaneamente c’è una grande necessità dei kit per la diagnosi. E’ quanto emerge dalle dichiarazioni dei Centri africani per il controllo delle malattie (Africa Cdc) e dalle notizie riportate dalla rete della Società internazionale per le malattie infettive.
“L’Africa è ad alto rischio per la diffusione del coronavirus”, ha detto il direttore dei Cdc africani, John Nkengasong, rilevando che i contatti con la Cina sono aumentati del 600% negli ultimi dieci anni. Il continente è ormai la seconda casa per i milioni di uomini d’affari e lavoratori cinesi, così come per studenti e turisti in arrivo dalla Cina. “Non ho mai visto un’epidemia dall’evoluzione così rapida”, ha detto ancora Nkengasong.
I Cdc africani hanno attivato il loro Centro per le emergenze il 27 gennaio e da allora si stanno organizzando per mettere a disposizione degli Stati membri il test per la diagnosi del coronavirus 2019-nCoV. Al momento l’unico Paese ad essere organizzato per i test sembrerebbe essere il Sudafrica, ma è possibile che i laboratori dell’Istituto Pasteur o i laboratori nazionali di Uganda, Kenya e Repubblica democratica del Congo si stanno organizzando per analizzare i campioni con i test.
Nel frattempo, però, bisogna comunque affrontare i continui arrivi di passeggeri dalla Cina e tutti i principali aeroporti africani stanno organizzando misure per la quarantena. Sta accadendo in Kenya e in Etiopia, e casi sospetti si registrano in Costa d’Avorio e nel Sudan, che ha inviato i campioni da analizzare in Germania e in India, come previsto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms).
La mancanza dei kit per la diagnosi è un problema comune a molti altri Paesi africani. Si trovano ad affrontarlo, per esempio, la Guinea Equatoriale, dove quattro viaggiatori in arrivo dalla Cina sono stati messi in quarantena, le Mauritius e l’Angola. La guardia è alta, infine, anche da parte delle autorità sanitarie di Sudafrica, Nigeria, Ghana, Rwanda, Uganda e Zambia.