La trasmissione del virus SarsCov2 da madre a figlio durante la gravidanza potrebbe essere possibile: pesanti indizi emergono da due casi al centro di uno studio italiano, condotto su 31 donne che hanno partorito tra marzo e aprile. Lo ha realizzato l’Università Statale di Milano con l’Ospedale Sacco, il Policlinico San Matteo di Pavia e l’Ospedale San Gerardo di Monza. I risultati, condivisi su medRxiv, sono presentati alla conferenza su Covid-19 nell’ambito del congresso Aids 2020.
“I neonati sono tutti sani, ma in due casi abbiamo trovato dati che suggeriscono fortemente che sia avvenuta la trasmissione del virus”, spiega Claudio Fenizia, ricercatore della Statale di Milano che illustra i risultati in una conferenza stampa virtuale intervenendo subito dopo il noto virologo americano Anthony Fauci. “Il primo bimbo, nato prematuramente da una madre con una forma di Covid molto severa, è risultato positivo al tampone per 7-10 giorni: sia la placenta che il sangue del cordone ombelicale sono risultati positivi al virus. Il secondo bambino, figlio di una mamma con pochi sintomi, è stato positivo al tampone per poche ore dopo la nascita e presentava la placenta positiva: la cosa più preoccupante è che aveva sviluppato anticorpi IgM, dunque doveva essere stato esposto direttamente al virus, probabilmente due settimane prima”.
Delle 31 neomamme, solo una aveva il latte positivo al virus. “Finora sapevamo dalla letteratura scientifica che c’erano stati dei casi con latte positivo, così come una placenta di un aborto positiva al virus edue neonati con anticorpi, ma il nostro studio – precisa Fenizia – è il primo a tracciare un quadro completo delle condizioni di mamma e bambino al momento del parto, perché oltre ai tamponi naso-faringei abbiamo raccolto il sangue materno, quello del cordone ombelicale, la placenta, il liquido amniotico, il tampone vaginale e il latte”.
Lo studio ha analizzato anche la presenza di molecole pro-infiammatorie nel sangue di alcune mamme infette e dei loro neonati. “Abbiamo trovato uno stato infiammatorio molto marcato anche nei bambini e questo è un dato preoccupante che andrà approfondito, per valutare le possibili conseguenze soprattutto nei casi in cui il coronavirus colpisce la donna nei primi mesi di gravidanza, mentre finora abbiamo visto solo i casi più prossimi al parto”.