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Elena Cattaneo, Nature è il marchio Doc della ricerca

Un marchio di garanzia della ricerca, un contributo prezioso a dibattiti sociali importanti come quelli sui vaccini, un terreno che mette a disposizione dei ricercatori di tutto il mondo dati su cui far crescere la scienza: la rivista Nature è tutto questo per la senatrice Elena Cattaneo, dell’ Università di Milano e fra le maggiori esperte di cellule staminali. Il suo augurio è che in Italia possa esserci una voce simile. “E’ un bellissimo compleanno”, ha detto all’ANSA riferendosi ai 150 della celebre rivista scientifica.

“Quando Nature è nata era rivolta a un pubblico vasto e i ricercatori presentavano i loro risultati rivolgendosi ai lettori”, osserva Cattaneo. “Fino ad allora gli scienziati avevano comunicato fra loro attraverso lettere, ma si sono accorti presto che, con la sua diffusione capillare, Nature avrebbe potuto essere il mezzo per codificare i risultati delle loro ricerche e renderli pubblici, verificabili e ripetibili”. Nature stava diventando qualcosa di assolutamente nuovo: “si trattava – prosegue – di far entrare anni di lavoro in un articolo di poche pagine, da sottoporre alla valutazione dei revisori della rivista. In quel modo ogni articolo diventava un mattone sul quale costruire il passo successivo nello sviluppo della scienza sperimentale”. Con il tempo la scienza è andata verso una specializzazione che portato Nature a pubblicare numerose riviste satelliti e specializzate.

“Sono cambiate molte cose anche dai tempi in cui si usava la macchina per scrivere e anni di ricerche venivano racchiusi in una busta e spediti. Ora basta un click, ma – rileva Cattaneo – la distanza fra chi elabora e chi riceve e valuta è ancora la stessa e l’indipendenza dei valutatori è diventata una garanzia di affidabilità. Senza contare che la disponibilità degli articoli online ha permesso di aggiungere un’enorme quantità di dati supplementari, in un formato che permette di aprire gli armadi dei laboratori e di mettere i propri dati a disposizione della verifica degli altri ricercatori”.

Oggi Nature è una rivista forte e autorevole anche a livello sociale, se si considera il contribuito a dibattiti come quelli sul caso Stamina e sulla sperimentazione animale. “In Italia – rileva – avremmo bisogno di una voce simile: penso al brand Nature declinato, come è stato per Nature China, per dare autorevolezza alle discussioni nei quali naufraghiamo in Italia, come quelle sui vaccini. Quello di Nature è un brand indipendente, che può aiutare a livello sociale e politico a mettere in evidenza il dibattito pubblico in un Paese come l’Italia in cui si mettono sullo stesso piano santoni e scienziati”.

Anche la dimensione internazionale di Nature potrebbe aiutare il nostro Paese: “Nature non è britannica, non è europea né americana e in più permette agli Stati emergenti di partecipare alla costruzione della scienza mondiale. Ci fa capire che il mondo si sta muovendo, mentre il nostro Paese continua a seguire logiche limitate di investimenti in ricerca”.

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