Dalle aziende ai centri commerciali fino a ospedali e residenze per anziani, i robot potrebbero essere un aiuto concreto per una Fase 2 in sicurezza e potrebbero dare una spinta all’economia per superare la crisi generata dalla pandemia. In Italia ci sono le competenze scientifiche perche’ questo accada, non ci sono pero’ gli strumenti per fare in modo che i robot diventino una realta’ e i maggiori esperti del settore scendono in campo chiedendo programmi e investimenti.
Per Paolo Dario della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, “servirebbe un pre commercial procurement”, ossia un appalto per contratti di ricerca e sviluppo da attivare prima della commercializzazione, mentre il direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) Giorgio Metta, pensa a un grande programma europeo sulla robotica, confrontabile al Programma Apollo che ha portato l’uomo sulla Luna.
“La sfida della pandemia non era inattesa, era un evento prevedibile”, osserva Dario, delegato della rettrice Sabina Nuti per la terza missione, il cui obiettivo e’ fare in modo che la ricerca scientifica abbia un impatto positivo sulla societa’. Mai come adesso, prosegue, “torna attuale l’idea dei robot companion”, le macchine capaci di aiutare gli esseri umani sul lavoro o in casa. “Quando lo avevamo coniato, dieci anni fa, questo termine sembrava fantascienza, ma ora sta diventando una percezione comune”.
Per questo sarebbe necessario un accordo che metta in grado le aziende italiane specializzate in robotica e automazione di fornire macchine utili per affrontare l’emergenza della pandemia. Algoritmi e sistemi di calcolo si stanno utilizzando molto nella ricerca di farmaci e vaccini anti Covid-19, ma “i robot – osserva Dario – sono diversi perche’ hanno un corpo e, a differenza degli algoritmi di intelligenza artificiale possono sollevare pesi. L’umanita’ ha bisogno di sensori, modelli, cure e vaccini, ma ha anche bisogno di macchine che ci aiutino”.
Mentre per cure e vaccini bisogna ancora aspettare, “i robot potrebbero essere pronti. Non si devono fare scoperte: sono macchine che possiamo fabbricare e utilizzare per fare operazioni utili, come quelle per garantire pulizia e igiene”. Secondo l’esperto potremmo avere “schiere di robot che puliscono dalla mattina alla sera superfici e aria, utilizzarle per operazioni di screeening con telecamere a infrarosso 24 ore su 24 o per fare i tamponi, per intubare i pazienti in terapia intensiva o come interfaccia fra medico e paziente”. Potrebbero anche aiutare anziani e pazienti a dialogare con le famiglie grazie a connessioni video, servire cibo e farmaci, portare via lenzuola o indumenti infetti.
Anche per Giorgio Metta “la pandemia avrebbe avuto bisogno di molta piu’ robotica” e “in molti, in questo periodo di emergenza, ci hanno chiesto perche’ i robot non fossero gia’ disponibili per aiutare nel servizio quotidiano”, per esempio nella misura della temperatura. Al momento, pero’, “non esiste robot per andare in corsia” e “c’e’ sempre bisogno dell’essere umano per compiere operazioni semplici”.
Qualche anno fa, ha osservato, “c’e’ stato tentativo di lanciare un’iniziativa europea, un progetto flagship sulla robotica, che poi non e’ selezionato. Sarebbe stato progetto su scala abbastanza grande per realizzare robot abbastanza flessibili”, come quelli necessari negli ospedali. Era un progetto che vedeva alla guida l’Italia, con Iit e Scuola Superiore Sant’Anna. Adesso, ha proseguito, un progetto simile “potrebbe essere rilanciato, come un programma Apollo della robotica, grazie a una collaborazione su larga scala”.