I combustibili fossili lasciano il segno anche nella placenta: in quella di 28 donne esposte a questa forma di inquinamento sono state trovate particelle di nero di carbonio. E’ la prima prova diretta ottenuta su donne che vivono in aree inquinate, ma resta da capire se le particelle sono in grado di raggiungere il feto. Pubblicata sulla rivista Nature Communications, la scoperta si deve ai ricercatori coordinati da Hannelore Bové Centre for Enviro e Tim Nawrot, dell’Università belga di Hasselt.
Si ipotizza che le particelle di nero di carbonio rilasciate nell’atmosfera dalla combustione dei combustibili fossili abbiano effetti dannosi sull’esito della gravidanza, provocando ad esempio nascite pre-termine o peso basso alla nascita. Di conseguenza, rilevano gli esperti, comprendere come queste particelle influenzano la gravidanza, attraverso effetti diretti sul feto o effetti indiretti attraverso la madre, è necessario per migliorare l’assistenza delle donne in gravidanza che vivono nelle aree inquinate.
Usando tecniche di immagine ad altissima risoluzione, come quelle possibili grazie a laser a impulsi di luce ad altissima frequenza (laser a femtosecondo), i ricercatori hanno analizzato sezioni di placenta raccolte da 28 gravidanze, cinque delle quali concluse prima del termine. E’ emerso che le particelle di nero di carbonio erano presenti in tutte le placente, ma i livelli più alti sono stati trovati in quelle di 10 donne che vivevano in zone con alte concentrazioni di particelle di nero di carbonio nell’atmosfera (2,42 microgrammi per metro cubo).
“I nostri risultati – scrivono gli autori della ricerca – sono i primi basati su dati raccolti in condizioni di vita reale e dimostrano che la barriera placentare umana non è impenetrabile per queste particelle, in accordo con quanto riportato da altri studi condotti in condizioni di laboratorio”. Tuttavia, sottolineano che “sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere se l’accumulo di particelle di nero di carbonio nella placenta sia responsabile degli effetti avversi associati all’esposizione all’inquinamento atmosferico durante la gravidanza”.