Un microrganismo acquatico capace di adattare la forma del suo corpo allo spazio in cui si trova ispira i futuri robot flessibili, capaci di muoversi in ambienti difficili, come i detriti provocati da un disastro naturale, e perfino all’interno del corpo umano. E’ lo scenario descritto dalla ricerca pubblicata sulla rivista Nature Physics e nata dalla collaborazione fra Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (Sissa) di Trieste, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs) e Università Politecnica della Catalogna. Sotto la guida di Antonio De Simone, della Sissa e dell’istituto di Biorobotica della Scuola Sant’Anna, e Marino Arroyo, dell’Università Politecnica della Catalogna, hanno analizzato i movimenti dell’organismo unicellulare chiamato Euglena.
“Abbiamo capito – ha detto Arroyo – il meccanismo per cui Euglena usa il proprio involucro per eseguire i suoi movimenti, quello che ci sfuggiva era il motivo per cui lo facesse”. Combinando osservazioni sperimentali e modelli matematici, i ricercatori hanno dimostrato come le deformazioni del corpo permettano al microrganismo di avanzare con maggiore fluidità. “I biologi – ha rilevato De Simone – possono finalmente porre la questione di come questi diversi stili si adattino alla storia evolutiva di Euglena.
Ora sappiamo che è un organismo unicellulare strisciante capace di muoversi con estrema efficienza in ambienti confinati. Tuttavia rimane ancora poco chiaro se e come gli organismi unicellulari usano questa capacità nel loro ambiente naturale”. L’involucro di questo microrganismo è diventato fin da adesso un modello per la robotica.
“L’involucro di Euglena, composto da sottili strisce elastiche collegate a motori molecolari, si presenta – ha detto Arroyo – come una meraviglia ingegneristica ed Euglena sembra ispirarsi al principio di intelligenza incarnata, un nuovo paradigma secondo cui un robot flessibile può rispondere in modo affidabile a richieste complesse sfruttando la sua adattabilità”. Robot coem questi, conclude De Simone, “potrebbero essere concepiti per muoversi in ambienti articolati come terreni, detriti e persino dentro il corpo umano”.