I primi uomini europei cacciavano con arco e freccia già 40.000 anni fa. La scoperta arriva dall’analisi di alcune punte a mezzaluna rinvenute in Puglia, nella Grotta del Cavallo, e permette di retrodatare di circa 20.000 anni le prime evidenze dell’utilizzo di dispositivi meccanici da parte dell’uomo moderno nel nostro continente: un vantaggio competitivo che potrebbe aver contribuito all’estinzione dei Neanderthal.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Ecology & Evolution, è del gruppo di ricerca italo-giapponese coordinato dagli archeologi Katsuhiro Sano, dell’Università di Tohoku, Adriana Moroni, dell’Università di Siena, e dal paleoantropologo Stefano Benazzi, del dipartimento dei Beni culturali dell’Università di Bologna. “L’uomo di Neanderthal e l’uomo moderno hanno convissuto in Europa per almeno 5.000 anni, ma ancora non sappiamo perché i nostri antenati riuscirono a radicarsi e diffondersi una volta arrivati sul continente, mentre la popolazione autoctona dei Neanderthal diminuì progressivamente fino a scomparire circa 40.000 anni fa”, spiega Benazzi.
“L’utilizzo di tecnologie come arco e freccia o il propulsore per lancia hanno certamente permesso all’uomo moderno di cacciare in modo più efficace – aggiunge – e questo potrebbe essere stato uno dei fattori che hanno contribuito all’estinzione dei Neanderthal”. I reperti studiati dai ricercatori arrivano dalla Grotta del Cavallo, una cavità carsica che si affaccia sulla Baia di Uluzzo, in Puglia, dove sono state rinvenute le più antiche testimoniante della presenza dell’uomo moderno in Europa, datate fino a 45.000 anni fa. Si trattava di una cultura umana del Paleolitico superiore conosciuta come Uluzziano e contraddistinta dall’utilizzo di strumenti in osso, oggetti ornamentali e decorativi, sostanze coloranti e piccole lame in pietra scheggiata a forma di mezzaluna.