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Il codice a barre del Dna per scoprire 2 milioni di specie

La scoperta di nuove specie si prepara a una rivoluzione: diventa possibile identificarle velocemente grazie al ‘codice a barre’ del Dna. Uno dei primi esempi è il progetto Bioscan da 180 milioni di dollari, guidato dall’università canadese di Guelph, con Paul Hebert. La tecnica permette di identificare una nuova specie in poche ore, anche direttamente sul campo, in una corsa contro il tempo contro l’accelerazione delle estinzioni. Il progetto si avvale anche di una tecnologia ideata in Italia, dal genetista Massimo Delledonne dell’università di Verona, che ha messo a punto uno dei dispositivi portatili per analizzare il Dna che saranno usati dalla ricerca.

Il progetto coinvolge 30 partner, e in 7anni intende raccogliere campioni in 2.500 siti per scoprire almeno 2 milioni di nuove specie. Si stima infatti che le specie da scoprire siano molto più numerose rispetto agli 1,8 milioni finora classificate e il loro numero potrebbe essere compreso tra 8,7 e 20 milioni.

Finora riconoscere una nuova specie ha richiesto molto tempo e l’identificazione si basava essenzialmente sulle caratteristiche fisiche degli esemplari. “I biologi evoluzionisti andavano in giro per il mondo, cercavano nuove specie, le studiavano al microscopio per diverse ore, se non per intere giornate, e a volte scoprivano che quell’organismo era già noto”, ha detto Delledonne all’ANSA. “Ma questo metodo – ha aggiunto – è inefficiente e lento, in un momento in cui ogni giorno perdiamo nuove specie”. La nuova tecnica permette invece di determinare in poche ore se un esemplare appartiene a una specie nuova.

È una rivoluzione possibile grazie all’analisi di sequenze di Dna chiamate ‘codici a barre’, uniche per ogni specie, combinata con sequenziatori di Dna rapidi, economici e facili da trasportare per poterli utilizzare direttamente nelle foreste, senza dover prelevare gli organismi per studiarli in laboratorio. Questo è un notevole vantaggio considerando che, ha osservato Delledonne, “in alcuni Paesi non è possibile né prelevare gli animali né il loro Dna”.

Se il software non riesce a far corrispondere la sequenza di un codice a barre di un campione a una specie esistente, immediatamente contrassegnerà il campione per altri controlli e una possibile identificazione come nuova specie. L’idea del progetto è nata nel 2003, quando Hebert ha proposto il concetto di codice a barre del Dna per identificare le specie, ma ha cominciato a prendere piede solo nel 2010 con il consorzio iBOL (International Barcode of Life), che ha iniziato a costruire una banca dati di riferimento di specie note e che oggi contiene oltre 7,3 milioni di codici a barre (perché ogni specie può avere più di uno). Ora il progetto è pronto per entrare nella fase successiva, che punta ad andare sul campo per scoprire specie nuove con l’analisi del Dna. 

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