Nel pubblico che assiste a uno spettacolo dal vivo, come una performance teatrale o un concerto, il cuore dei singoli comincia a battere praticamente all’unisono. È la conclusione a cui arriva lo studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports e condotto dal gruppo di neuroscienziati dell’Università di Parma guidati da Martina Ardizzi e Vittorio Gallese, nell’ambito del progetto ‘Belligerent Eyes’ in seno al laboratorio ‘Neuroscience and Humanities’, realizzato in collaborazione con Fondazione Prada.
La ricerca si è concentrata sugli effetti della fruizione collettiva degli spettacoli culturali sui singoli partecipanti.
Il gruppo di neuroscienziati, insieme al regista Giovanni Fantoni Modena e all’architetto Luigi Alberto Cippini, ha chiesto a 12 attori professionisti di recitare due monologhi teatrali ad alto contenuto emotivo di fronte a 12 gruppi di spettatori nel suggestivo palazzo Cà Corner della Regina a Venezia. Degli spettatori sono state registrate le spontanee variazioni della frequenza cardiaca nonché le personali valutazioni dell’intensità emotiva e della qualità delle performance a cui avevano assistito.
I ricercatori sottolineano che l’evento ricreato ad hoc per lo studio fosse approssimativo della reale esperienza di uno spettatore a teatro, con potenziale sottostima degli effetti. Nonostante questo, i risultati hanno rivelato che assistere a uno spettacolo insieme ad altre persone, anche se sconosciute, induce la spontanea sincronizzazione dei ritmi cardiaci degli spettatori. Tale sincronia risulta inoltre più marcata nei gruppi di spettatori che condividono giudizi simili sull’intensità emotiva delle performance.
“Nell’era in cui si affermano forme sempre più digitalmente mediate di condivisione sociale – spiegano i ricercatori – l’approfondimento dei processi psicofisiologici alla base di complesse esperienze collettive come quelle qui indagate diviene un elemento fondamentale per comprendere la ricezione sociale condivisa dei contenuti culturali”.
(ANSA).