Un gruppo di paleontologi tedeschi ha trovato nuovi utensili in una caverna sulla costa del Paese africano, riscrivendo la storia a cavallo tra Età della Pietra ed Età del Ferro. La ricerca su “Nature Communications”
I paleontologi dell’Istituto Max Planck per la Scienza della Storia Umana hanno rinvenuto degli utensili nella caverna africana di Panga ya Saidi, un insieme di cave per un chilometro di superficie, la cui grotta principale, che misura 100 metri quadrati, poteva accogliere centinaia di persone.
La scoperta porta alla luce vere e proprie innovazioni tecnologiche e culturali che si fanno risalire a circa 67mila anni fa: in particolare, monili ricavati da ostriche e conchiglie e strumenti appuntiti ricavati da ossa, tutti oggetti che indicano un graduale cambiamento nel lavorare la pietra e altri materiali.
Una scoperta importante. Prima dello studio tedesco, la costa orientale africana era sempre stata considerata marginale nella storia dell’evoluzione umana: la maggior parte delle ricerche archeologiche, infatti, si erano concentrate tra la Rift Valley e il Sudafrica. “La scoperta cambierà di certo la percezione dei paleontologi“, spiega Nicole Boivin, prima autrice del lavoro e direttrice del Dipartimento di Archeologia dell’Istituto Max Planck. “A questo si aggiunga – osserva Patrick Roberts, guida del gruppo che ha eseguito le indagini con gli isotopi stabili – la consapevolezza che la nostra specie viveva in una grande varietà di habitat in Africa“.
I ritrovamenti di Panga ya Saidi “minano l’ipotesi sull’utilizzo delle coste come una sorta di autostrada per incanalare gli esseri umani migranti fuori dall’Africa“, conclude il co-autore della ricerca Michael Petraglia.